venerdì 6 febbraio 2015

CIPOLLA. Meglio dell’aglio, se possibile. Forse perché è più facile da consumare?

Cipolla fresca con foglie verdi Riportiamo qui integralmente la voce “Cipolla” tratta dal manuale L’Alimentazione Naturale di Nico Valerio, Mondadori 1980-2001, pp.760 (nelle pp.319-325 dell’ultima edizione), volume oggi esaurito. Questa è l’ultima versione stampata, che per quanto profondamente aggiornata rispetto alla I ed. del 1980 (e infatti riporta già le prime risultanze scientifiche controllate), è pur sempre stata scritta nel lontano 1992. E dagli anni Novanta la ricerca sugli alimenti è esplosa, e anche sulla cipolla esistono indicazioni nuove e più affidabili con migliaia di nuovi studi scientifici più precisi e controllati: alcuni non confermano alcune indicazioni secondarie, ma in compenso ne scoprono altre. L’autore, perciò, non si riconosce più completamente in questa voce, e l’ha totalmente riscritta in modo diverso e più completo. Ma la nuova versione, troppo lunga e ancora inedita, non può essere pubblicata qui (sul web molti copiano e si appropriano del lavoro altrui...). Tuttavia, in attesa d’una nuova edizione scientifica del Manuale, questa pagina può essere ancora utile come prima informazione per il largo pubblico. Per questo ha aggiunto una nota a fine articolo, che va assolutamente letta.

E’ obbligatorio, in caso di ripresa di brani o citazione di frasi, riportare la fonte (autore, libro o il link a questo articolo).

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La cipolla (Allium cepa), coltivata dai Caldei in Babilonia già 4000 anni fa, è presente in numerose varietà: piatte, sferiche, ovali, a trottola, bianche (in genere precoci), giallo-dorate e rosso-violacee (tardi­ve, più facilmente conservabili e più ricche di principi attivi). Molto lodata e consumata dagli antichi, che le riconoscevano proprietà cura­tive, la cipolla, con il suo acre sapore dolce-piccante molto gradevole, dovrebbe essere usata anche oggi in abbondanza. Come gli antichi Mesopotamici, e poi gli Egizi, i Greci e i Romani; i contadini di tutto il mondo hanno sempre visto nella cipolla il quotidiano "cibo della salu­te".

Ma oggi? I libri di cucina attuali raccomandano sempre di usarla "con moderazione". Guai se le tenere mucose dell'uomo-robot di og­gi, abituato a trangugiare le solite poltiglie dallo stesso sapore medio - qualunque cosa ci sia dentro - dovessero essere turbate da un sapore vero, robusto, naturale. Alcuni centenari greci, invece, hanno confes­sato che mangiano almeno una grossa cipolla cruda al giorno.

È faci­lissimo eliminare gli "effetti secondari" della cipolla cruda: basta tri­tarla finemente, cospargerla sempre di abbondante prezzemolo fresco tritato e di olio vergine, e masticare la pietanza a cui si accompagna molto lentamente, facendo lavorare i succhi gastrici. Se poi durante il pasto o alla fine si beve un bel bicchiere di latte fresco è ancora me­glio, perché il latte assorbe gli odori. I mondani e chi ha un'intensa vi­ta sociale possono ricorrere a quei prodigiosi "deodoranti del sangue" che sono i vegetali verdi (ricchi di clorofilla) e gli oli essenziali aroma­tici (menta piperita, eucalipto, lavanda, timo ecc.): poche gocce in un cucchiaino di miele grezzo, alla fine del [v. in nota “Odore” che rimanda all’ articolo sull’aglio: anche per la cipolla è indispensabile il cardamomo, NdA].

La cipolla contiene poche vitamine, ma tanto più quanto più abbon­danti sono le foglie verdi (se ci sono). Vitamine A (11,6-160 mcg la "cipollina" fresca, cioè non matura; da zero a 1,6 mcg il bulbo maturo; 250 mcg le foglie verdi), B1 e B2 in tracce, 0,8 mg di PP nella pianta fresca, C da 0 a 14 mg, anche la E (0,27 mg). Contiene anche zuccheri (8,5 g la cipolla fresca, da 5 a 10 quella matura), 1 g di proteine e trac­ce di grassi, pochi sali, tra cui zolfo (68 mg), potassio (130 mg), ma­gnesio (15 mg), acido fosforico e acetico, almeno due enzimi digestivi (ossidasi e diastasi), che sono però distrutti dal calore, e un glucochi­nino che diminuisce il tasso zuccherino nel sangue ed è perciò utilissi­mo agli obesi e ai diabetici (Collip, Janot, Laurin).

Questa e altre so­stanze ipoglicemizzanti presenti nella cipolla hanno un effetto simile a quello della tolbutamide dei farmaci antidiabetici che stimolano la produzione di insulina. Il consumo regolare della cipolla (50 g al gior­no) riduce della metà la richiesta di insulina (da 40 a 20 unità al gior­no). In laboratorio un estratto di cipolla ha manifestato una efficacia pari al 76% di quella di una dose normale di tolbutamide. Di recente, alcuni farmacologi egiziani hanno isolato nel bulbo della cipolla una sostanza, la difenilalanina, addirittura più potente della tolbutamide. Van den Berg, invece, ha trovato che l'ipoglicemia prodotta dalla ci­polla è preceduta da una iniziale e transitoria iperglicemia (Benigni, Capra e Cattorini). Altri (Braun e Rees) non hanno ottenuto alcun ef­fetto ipoglicemico.

Il suo aroma, per i fanatici della chimica organica, è dovuto al disolfuro di allile e di propile, il suo olio essenziale volatile abbassa la pres­sione agli ipertesi. Il premio Nobel finlandese A.I. Virtanen ha sco­perto nella cipolla ben 14 nuove sostanze attive, tutte favorevoli alla nostra salute. Secondo Cerruti vi si trovano due sostanze un po' miste­riose. La prima aumenta la frequenza del battito e la forza del cuore senza influenzare la pressione generale, eccita la muscolatura liscia dell'intestino e dell'utero; l'altra eccita il cuore nei deboli e negli ipo­dinamici. A parere di molti ricercatori, la cipolla aumenta l'acidità del succo gastrico ed è utile quindi nella ipocloridria.

Le sue fibre alimen­tari (1,3 g) non bastano a spiegare il suo effetto lassativo, da "scopa dell'intestino", probabilmente dovuto alla stimolazione della peristalsi intestinale anzidetta. Fatto sta che la cipolla cotta esplica una marcata azione sul tubo digerente, come lassativo, mentre la cipolla cruda agi­sce sui reni come potente diuretico (Valnet). In terapia la cipolla è usata da tempo come diuretico molto efficace e trova applicazione an­che nelle asciti dei malati di cirrosi epatica e in molte artropatie. Rappresenta inoltre il miglior condimento nella dieta ipoclorurata o aclo­rurata, che oltretutto grazie alla cipolla viene meglio sopportata dal paziente (Alessandrini). Lo stesso autore consiglia, in caso di consumi abbondanti a scopo terapeutico, di prepararla rapidamente in poltiglia e mescolarla a miele o vino, per renderla un poco più accettabile al gu­sto.

La cipolla si comporta anche da potente antibatterico, e non solo sulla flora della bocca. Contiene, tra l'altro, un principio antibiotico (attivo alla concentrazione di 0,7 per 100 mila) che distrugge la Bru­cella abortus, un batterio "difficile" (Masquelier). I microbi contro cui è efficace sono molto numerosi, come intuì già alla metà dell'Ottocen­to Pasteur. Oggi il lungo elenco dei batteri sensibili alla cipolla com­prende anche i colibatteri, gli stafilococchi e le salmonelle. In labora­torio, alcuni esperimenti contro Mycobacterium tubercolosis, che pro­voca la famigerata malattia, sono risultati altamente positivi. Su 150 piante alimentari la cipolla, insieme all'aglio, è risultata il più potente antisettico, come ha sostenuto B. Tokin. Masticarla per 3-8 minuti - ha scoperto il medesimo ricercatore - rende del tutto sterile la mucosa della bocca, il che può essere utile in caso di infezioni e per prevenire stomatiti e altri disturbi. Ma anche alcune forme di influenza, bronchi­te (Fortunatov, Klosa) e di mal di gola potrebbero essere alleviate dalla masticazione di cipolla cruda, per esempio in insalata (Carper). Buoni risultati sono stati ottenuti nella sciatica, nella colite, nella per­tosse e nel morbo di Basedow.

Insomma un magnifico stimolante e antisettico naturale. Ma è an­che potentemente diuretica allo stato crudo, coleretica (stimola la secrezione biliare) grazie ai suoi polifenoli, gli acidi caffeico e clorogeni­co (Semmler, Schindel, Herrmann), antianemica, antireumatica, anti­scorbutica, antisclerotica, evita l'affaticamento e lo stress, è un coa­diuvante nelle malattie respiratorie (tosse, bronchite), nell'obesità, nell'impotenza, previene la senescenza e l'invecchiamento precoce. Contro il raffreddore, M. Morlet consiglia uno "sciroppo di cipolla" ottenuto lasciando macerare per 24 ore delle cipolle tagliate a fettine sottili e cosparse di zucchero. La cipolla è di per sé antiraffreddore, come si sapeva bene già nel secolo scorso, se è vera la celebre frase at­tribuita al presidente George Washington: "Quando sono raffreddato, il mio rimedio è una cipolla arrostita e ancora calda da mangiare poco prima di andare a letto". La scienza sperimentale oggi approva questa prescrizione popolare. La cipolla è considerata un rimedio efficace nel raffreddore dal noto pneumologo I. Ziment, probabilmente perché - sostiene - le sostanze pungenti stimolano attraverso lo stoma­co la decongestione del muco nella gola e nelle vie polmonari. È per questo che la cipolla è espettorante, facilitando l'espulsione del muco dai bronchi attraverso la gola (Manuale di terapie con gli alimenti).

Le più recenti ricerche scientifiche danno ragione ai vecchi medici naturisti: la cipolla è un rimedio anti-cancro. E non solo per i suoi fla­vonoidi coloranti, come la quercetina sulla superficie esterna delle guaine (cipolla rossa di Tropea), provata da T. Leighton. Sono i suoi composti solfidrilici che inibiscono nello stomaco la sintesi delle nitro­samine cancerogene favorita da molti cibi naturali (Sparnins e Watten­berg) e prevengono i tumori del colon rafforzando un enzima detossifi­cante (Sumiyoshi e Wargovich). Utilizzando queste sostanze come an­tibiotici, può "modulare" in senso positivo la flora batterica dell'in­testino crasso che presiede alla formazione dei composti cancerogeni endogeni (Weinsburger).

È fornita anche di ormoni, tanto è vero che Sharaf ha dimostrato la sua capacità di aumentare il peso dei testicoli e la contrazione dell'utero, e Attrep e Mariani vi hanno scoperto un composto ad attività estrogenica analogo alla prostaglandina A1. Forse è per questo che Decaux e Ramond la raccomandano nella prostatite e nelle malattie della prostata in genere. Virtù afrodisiache, analoghe a quelle attribuitele dagli antichi, ma non confermate da altri ricercato­ri, sono state riscontrate nella cipolla da Hull Walton.

E non basta. La cipolla completa i suoi effetti antipertensivi e antisclerotici diminuen­do il tenore di grassi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue. Per questa dieta preventiva anti-infarto, però, ci vogliono 50 g di cipolla al giorno. È anche per questo che naturisti e vegetariani, grandi consumatori di cipolla, sono meno colpiti da infarto, secondo uno studio epidemiolo­gico dell'Università di Poona (India) sulla comunità vegetariana giai­nista. È stato accertato che chi ama cipolle e aglio ha colesterolo e trigliceridi più bassi e HDL più alti di chi non li mangia o li consuma ra­ramente. Si verifica il fenomeno dose-risposta: più se ne mangia, maggiore è l'effetto. Il sangue più sano tra i Giainisti è di chi mangia circa 600 g di cipolle a settimana.

Contro le malattie cardiache la cipolla si è dimostrata molto efficace. In un esperimento al King Medical College di Lucknow (India), N.N. Gupta ha provato che appena 60 g di cipolle intere ricoperte di fari­na di ceci e leggermente fritte (ma possono essere anche crude, bollite o essiccate) riducono di molto e quasi annullano le alterazioni del san­gue (aumento del colesterolo e tendenza a coagularsi) dopo un pasto con 900-1000 kcal sotto forma di grassi (burro, panna e uova). Il cole­sterolo totale di 45 abitanti sani di Nuova Delhi, dopo una dieta di 3000 kcal al giorno per 15 giorni, costituita al 45% da grassi, si alzò in media da 219 a 263 mg/100 ml. Ma soli 10 g (un cucchiaio) di cipolla consumati durante il pasto abbassavano il livello del colesterolo a 237 mg. E più se ne consumava, più si abbassava il colesterolo (Carper). In Occidente il "guru" delle cipolle è il cardiologo V. Gurewich, do­cente della Tufts University. Ha scoperto che mezza cipolla cruda, del tipo forte (meglio le bianche o gialle delle rosse dolci di Tropea), fa aumentare il colesterolo utile HDL del 30% in media nel 70% circa dei suoi pazienti cardiopatici. Non si sa, attualmente, quale delle 150 sostanze circa isolate da Gurewich nel bulbo sia responsabile dell'innalzamento dell'HDL, così difficile specialmente nei malati di cuore. Nessun farmaco in commercio, infatti, è capace di aumentare in modo adeguato il livello dell'HDL, indispensabile alla vita. È certo, comun­que, che la cottura riduce o annulla questa proprietà: il componente attivo è lo stesso che dà il sapore forte e acre, tipico della cipolla cru­da. Più forte e acre è il sapore della cipolla, maggiore è l'aumento del colesterolo "buono" HDL provocato.

La cipolla diminuisce la coagu­lazione (cioè la quantità di fibrinogeno nel sangue) indotta dalla adre­nalina che si produce durante gli stress, prevenendo così il pericolo di trombosi (G.S. Sainani, K.C. Srivastava). Recenti scoperte precisano meglio il valore fibrinolitico della cipolla, ovvero la capacità di impe­dire la formazione di coaguli sanguigni e di favorirne la dissoluzione se questi sono già presenti. All'Università di Newcastle (Gran Bretagna) una équipe di cardiologi e biochimici ha isolato diversi principi fi­brinolitici nella cipolla, tra i quali una cicloallina inodore. Altre ricer­che, condotte presso la Scuola di medicina della George Washington University, hanno portato all'identificazione dell'adenosina, il com­ponente della cipolla che fluidifica il sangue. Si è dimostrato che l'ade­nosina della cipolla agisce esattamente come l'acido acetilsalicilico di sintesi o aspirina (senza, però, le sue numerose controindicazioni), cioè blocca la produzione da parte delle piastrine del sangue di una prostaglandina di tipo A, nota come trombossano, che "ordina" alle cellule di aggregarsi (Vanderhoek, Makheja e Martyn Bailey). Così il sangue rimane fluido e il rischio di ictus e infarto si allontana. Anche l'aglio, nonché gli oli essenziali di cipolla e aglio, hanno il medesimo effetto antitrombossano; in particolare neutralizzano l'attività degli enzimi necessari per produrre quella prostaglandina A. Ma, a parità di peso, l'olio essenziale di cipolla si è dimostrato più potente di quello d'aglio. Servono 10 kg di bulbi per ottenere 1 ml di olio di cipolla.

L'unica controindicazione, scoperta in Italia, riguarda gli effetti collaterali costituiti da una strana "anemia da cipolla" che potrebbero col­pire - ma è un caso teorico - specialmente chi vive al buio. L'olio es­senziale della cipolla, infatti, agisce su un enzima dei globuli rossi (è lo stesso che provoca il favismo) negli animali che non man­giano abitualmente cipolle, soprattutto se vivono al buio (Baldissera Nordio), diminuendo il tasso di emoglobina nel sangue. È forse un si­stema naturale di difesa della pianta da conigli, buoi e soprattutto da talpe e bruchi sotterranei. Il medesimo disolfuro di propile ha proba­bilmente un'azione antitiroidea ("gozzigena"), secondo J. W. Cowan e A.R. Sahir.

Quanto basta, comunque - a parte i minatori, gli speleologi e i ricoverati in ospedali oftalmici - per considerare la cipolla uno degli ortaggi (non solo un condimento e un aroma) fondamentali, che dovreb­be essere presente su ogni tavola. Che abbia spiccate virtù diuretiche è cosa nota. Combatte - mangiata cruda - ogni ritenzione di liquidi ed edema; e anzi questa è da millenni la sua proprietà più nota e speri­mentata (Leclerc). L'attività dei reni viene stimolata e aumenta la quantità di urina emessa e di acqua eliminata, grazie non solo alle so­stanze cinaronosimili (acido caffeico ecc.) ma soprattutto all'essenza e all'acido glicolico, quest'ultimo con una azione che dura 24 ore e che si esplica con un ritardo di 48-72 ore nell' eliminazione dei cloruri e della urea (Henriomet, Balansard). È impiegata contro gotta e ar­tritismo proprio per questa sua capacità - ben superiore a quella di qualunque altro alimento - di sciogliere ed eliminare l'acido urico. A questo scopo bisognerebbe mangiare ogni giorno, tre volte nell'arco della giornata, almeno una cipolla cruda (50 g), utilizzata gastrono­micamente come si vuole.

C'è anche chi preferisce assumerla triturata in un grosso bicchiere di latte; ma è più gustoso servirsene in insalata. La varietà più ricca di essenze, e quindi la più efficacie in terapia, non è detto che sia quella rossa, come finora si è creduto; al contrario, è la cipolla più piccante al gusto e di aroma più forte, quasi sempre la qua­lità nota come bianca o gialla. Spesso, però, una cipolla dal sapore troppo piccante è in pratica immangiabile allo stato crudo, il solo che consente di trarne tutti i benefici preventivi e curativi, ed è più oppor­tuno ripiegare sulle cipolle fresche oppure sulle varietà "dolci" (ad esempio, la rossa di Tropea). In questo modo se ne possono consuma­re di più.

Per il suo contenuto di fosforo reca vantaggio agli intellettuali e agli affaticati da stress (che invece di solito si guardano bene dal mangiar­la). La cipolla è poi un alimento che protegge il fegato e ne previene i malanni. Aumenta infatti il tasso di protrombina, diminuisce il tasso uremico troppo alto e anche il colesterolo. È poi provato che agisce beneficamente nei disturbi della ghiandola prostatica, tipici degli uo­mini anziani. Insieme ai ceci, infine, è l'alimento più indicato per con­servare una buona circolazione del sangue, sostenere e difendere il cuore. Piccolo difetto, 23 mg di acido ossalico (compensati però da 30 mg di calcio). Attento, dunque, chi soffre di calcoli da ossalato.

Una panacea? Sembra proprio di sì. Hanno ragione dunque quegli scrittori che ricordano come la salute di popoli mediterranei antichi, grandi consumatori di cipolle crude, come gli Egizi, i Greci, i Romani, i Fenici, e tutti i popoli del Medio ed Estremo Oriente, sia stata salva­guardata proprio da questo umile ma pungente ortaggio. La cipolla, infatti, faceva parte addirittura del salario giornaliero degli operai e dei soldati. Hanno ragione anche i vecchi contadini armeni e balcanici di oggi, che si vantano di essere vissuti a lungo grazie alle cipolle consumate in gran copia. Ora si capisce come coloro che la mangiano ogni giorno campino cent'anni.

Non credete poi alle persone sane che dicono di non tollerarla. È impossibile che uno stomaco sano non la digerisca facilmente in poco tempo. Cruda è oltretutto ancor più digeribile che cotta, grazie ai suoi enzimi. Chi non la digerisce ha lo stomaco in pessime condizioni e, in tal caso, non digerirà nient'altro. La cipolla, infatti, è un ottimo ali­mento-prova. Cruda, infatti, rallenta la digestione aumentando forte­mente l'acidità del succo gastrico. Perciò è controindicata agli iperclo­ridrici, alcuni dei quali non la tollerano neppure cotta (Benigni, Capra e Cattorini).

Infine, un consiglio pratico a coloro che temono le lacrime da cipolla, conseguenza di un naturale "mezzo di difesa" della pianta contro i predatori, uomo compreso. Affettate le cipolle dopo averle raffredda­te in frigorifero: l'evaporazione del "fattore lacrimogeno" (prodotto da un precursore simile alla alliina, grazie all'enzima allinasi e al piri­do-ossal-fosfato) sarà molto minore, come ha scoperto E. Block. Inol­tre, l'immersione in acqua calda inattiva l'enzima allinasi e sbucciando le cipolle sotto l'acqua corrente si eliminano anche i residui del fattore lacrimogeno. Ma lasciarle in frigo è meglio, secondo noi, che affettar­le sotto l'acqua corrente; potrebbero perdere sali, vitamine e principi attivi.

Come prepararla? Va preparata fresca e tritata nel pinzimonio, nel­le insalate crude e aromatiche, sulle polente d'ogni cereale, nelle minestre, negli stufati di ortaggi misti, nelle pizze rustiche, nelle torte in­tegrali ripiene, al forno, nelle salse, e come condimento generale. È buonissima, con olive e finocchi stufati, come ripieno d'una torta ru­stica con la farina integrale. Tutto tranne lo squallido intingolo di "ci­polla imbiondita in tegame", saltata nell'olio bollente e quasi bruciata, con cui iniziano molte ricette.

L'ideale per la salute? Consumarla cruda in insalata, per il gusto del piccante e soprattutto per goderne le proprietà preventive e terapeuti­che. In zuppe squisite e aromatiche, in torte rustiche e perfino in soa­ve crema "vellutata", per la gastronomia più ricercata. Del resto, già il famoso cuoco Cristoforo, detto il Messisburgo, a metà del Cinquecen­to dettava alla posterità la ricetta della "carabazzada de magro" (zup­pa di cipolle con uova, mandorle e succo di limone). La "carabaccia" di cipolle era usuale in Toscana e in Emilia anche nelle case aristocra­tiche, oltre che contadine. E come soupe à l'oignon "francese", farà poi il giro del mondo.*

(da Nico Valerio, L’Alimentazione Naturale, Mondadori 1980, ultima ed. 2001, pp.319-325). E’ obbligatorio citare la fonte o questo link, se si riprende l’articolo o un brano).

PROPRIETA’ CONFERMATE. Oggi la ricerca scientifica ha finalmente preso in considerazione e confermato numerose proprietà farmacologiche della cipolla, tra cui quelle di anti-infarto, anti-colesterolo, anti-ipertensione, anti-malattie cardiovascolari in genere, anti-diabete, anti-ipertrofia prostatica, allergie (inibisce il rilascio di istamina), osteoporosi, cicatrici chirurgiche (uso topico), anti-cancro preventivo (in particolare esofago, colon, bocca, prostata, reni, mammella, ovaie, ma anche stomaco, pancreas, endometrio) ecc. Come ha sintetizzato il ricercatore indiano-americano B.B. Aggarwal, specializzato nella scienza delle spezie e nel loro uso in laboratorio e nella clinica medica.

CAUTELE E CONTROINDICAZIONI. Attenzione come per l’aglio ma maggiorata (in genere i consumi di cipolla sono più elevati dell’aglio) nelle cure con anti-coagulanti e anti-aggreganti piastrinici, e nelle cure anti-diabetiche, perché potrebbe interferire con attività iper o ipo (Firenzuoli, Interazioni tra erbe, alimenti e farmaci).

MODI DI ASSUNZIONE. Molto meno critiche di quelle dell’aglio (vedi).

ODORE. Molto meno importante e persistente di quello dell’aglio, può comunque in alcuni soggetti rivelarsi maggiormente nel sudore (vedi).

AGGIORNATO IL 7 FEBBRAIO 2015

lunedì 2 febbraio 2015

AGLIO. Condimento ottimo e farmaco potente. Purché spremuto e non cotto.

Aglio rosso testa e spicchioRiportiamo qui integralmente la voce “Aglio” dal manuale L’Alimentazione Naturale di Nico Valerio, Mondadori 1980-2001, pp.760 (nelle pp.327-335 dell’ultima edizione), volume oggi esaurito. Questa è l’ultima versione stampata, che per quanto profondamente aggiornata rispetto alla I ed. del 1980 (e infatti riporta già le prime risultanze scientifiche controllate), è pur sempre stata scritta nel lontano 1992. E dagli anni Novanta la ricerca sugli alimenti è esplosa, e anche sull’aglio esistono indicazioni nuove e più affidabili con migliaia di nuovi studi scientifici più precisi e controllati: alcuni non confermano alcune indicazioni secondarie, ma in compenso ne scoprono altre, comprese non poche controindicazioni e qualche effetto collaterale. L’autore, perciò, oggi non si riconosce più completamente in questa voce, e l’ha totalmente riscritta in modo diverso, più completo e più scientifico. Ma la nuova versione, troppo lunga e ancora inedita, non può essere pubblicata qui (sul web molti copiano senza citare e si appropriano del lavoro altrui...). Tuttavia, in attesa d’una nuova edizione scientifica del Manuale, questa pagina può essere ancora utile come prima informazione per il largo pubblico. Per questo ha aggiunto quattro note a fine articolo, che vanno assolutamente lette. E’ obbligatorio, in caso di ripresa di brani o citazione di frasi, riportare la fonte (autore, libro o il link a questo articolo).
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L’aglio (Allium sativum), ancor più del porro e della cipolla, viene consumato di solito in piccole quantità (a spicchi, botanicamente detti bulbilli), tranne quando è tenero e fresco e può essere aggiunto intero all'insalata e alle altre preparazioni. Veramente il suo sapore molto piccante e il suo aroma persistente caratterizzano le pietanze anche se è usato in piccole quantità. Occorre tenerne conto, dal punto di vista gastronomico, per evitare che altri sapori siano sopraffatti.
      Molti, quindi, lo considerano un condimento più che un alimento, e infatti lo usano in dosi “omeopatiche”. Tuttavia il costante uso dell'a­glio in micro-dosi è un errore, perché non si tiene conto dell'esigenza naturale della prevenzione e della cura con gli alimenti, oltreché della esigenza di varietà di cibi e di sapori ben caratterizzati, e si pretende invece di dare a ogni pietanza un sapore standard, sempre lo stesso, tale che possa scorrer via senza farsi notare troppo dai distratti com­mensali. "Ritroviamo i sapori genuini della terra" si ripete sempre; ma poi, quando questi veri sapori (altro che le insipide e addomesticate "ricette della nonna" delle riviste) si presentano veramente, li trovia­mo troppo forti per il nostro palato. Ma allora, quali sono i tanto de­cantati "sapori della terra"?
      Come altri alimenti terapeutici e preventivi, l'aglio non ha meriti eccezionali dal punto di vista nutritivo. È simile in questo a molti altri vegetali. Contiene, in media, una quota di zuccheri (8 g di carboidrati disponibili), 0,9 di proteine, 0,6 di grassi, minerali come potassio, fo­sforo (63 mg), ferro (1,5 mg), zolfo, cloro, calcio (14 mg), manganese, vitamine del gruppo B (B1 0,14 mg, PP 1,3 mg), A (5 mcg) e C (5 mg). Un'analisi più approfondita, però, rivela che il bulbo – la parte più consumata – può avere anche 5,1 g di proteine, ben 30,3 di carboidrati totali e molti sali (fosforo 146 mg, potassio 494 mg). Le foglie verdi dell`aglietto fresco sono ricchissime di vitamine (A 416 mcg, C 42 mg), il che farà piacere ai raccoglitori di erbe e verdure, in genere grandi gourmets di insalate piccanti e aromatiche. Ma fin qui nulla di speciale.   
      Le straordinarie qualità dell'aglio, invece, sono tutte extra-nutrizionali. L'aglio è un vero farmaco dai molteplici impieghi. Quali sono le sue misteriose sostanze attive? La più importante è l'allicina (ossido di diallil-disolfuro), un olio dal tipico aroma d'aglio, che si sviluppa solo quando una sostanza nota come alliina (0,24% dell'aglio) viene in contatto con l'enzima allinasi, cioè in pratica quando uno spicchio vie­ne schiacciato. E questo spiega perché lo spicchio d'aglio intero quasi non ha odore. In precedenza era stato isolato un solfuro di allile, an­ch'esso antibatterico, il cosiddetto "olio di Cavallito" (dal nome del suo scopritore), più potente di sulfamidici e penicillina contro svariati microrganismi. Da Pasteur in poi, si e dimostrato che il succo d'aglio (oggi si usa solo il principio attivo alliina, ma è provato che è meno forte), diluito fino a 125 mila volte è ancora capace di bloccare la cre­scita di batteri patogeni, tra cui streptococchi, vibrioni del colera e al­tri, bacilli di tifo, salmonella, shigella (Masquelier). È stata provata sperimentalmente anche l'efficacia antibatterica dell'aglio contro stafilococchi, pseudomonas, klebsielle e colibacilli (Sharaf, Feist). Ed è una vera azione antibiotica, efficace sia verso i germi Gram-negativi che verso quelli Gram-positivi anche a una diluizione dell'allicina di 1:25 mila (Scheibe).
      Questo fa capire perché l'aglio stronca un raffreddore incipiente, cura le bronchiti, ci evita l'influenza durante le ri­correnti epidemie (Loeper e Leclerc), agisce sulle secrezioni bronchiali, previene o guarisce un' infezione intestinale e vari altri disturbi batterici. I vapori di aglio uccidono il bacillo della lebbra (McKnight e Lindgreen) e hanno azione profilattica contro epidemie di malaria (Ventura, in “Le forze sanitarie”) e di poliomielite (Huss). Eccellente contro i disturbi cronici (nervosi, catarrali e intestinali) da nicotina (Meyer), contro l' ipertiroidismo ad alte dosi e l' ipotiroidismo a picco­le dosi (Rhe, Yun), contro la glicemia e la glicosuria (Madaus, Collip et al.).
      Il suo potere antisettico è tale che L. Cavel è riuscito a steriliz­zare 1000 cm cubici di coltura microbica costituita da liquami di fogna con 6,5 cm cubici di essenza d'aglio. Il "Chinese Medical Journal" si è occupato del caso capitato ad alcuni medici della provincia di Changsha, che non disponendo dell'antibiotico amfotericina erano ricorsi a sommini­strazioni di aglio per bocca e per iniezioni pur di curare la meningite criptococcica: 11 dei 16 malati sopravvissero (tasso di guarigione pari al 68%). Negli USA è stato V.F. Garagusi, direttore del reparto ma­lattie infettive dell'ospedale dell'Università di Georgetown, a specia­lizzarsi in cure a base d'aglio, come riporta Carper. Grande era stata la meraviglia di Garagusi nel veder morire nelle capsule di Petri, a contatto con l'aglio, ogni genere di microrganismi, soprattutto i funghi e in primo luogo quelli che causano la TBC. Ancora fino ai primi del Novecento, la terapia a base di aglio era stata giudicata la più efficace, tra 55 diverse terapie antitubercolari, da un medico di New York. Un po' meno efficace, invece, si è rivelata contro una grave micosi da Mycobacterium avium che colpisce sempre più spesso i malati di AIDS.
      Qual è il meccanismo di azione dell'aglio in questi casi? Non si sa ancora. Forse – ipotizza Garagusi – proprio come fanno gli antibio­tici sintetici, l'aglio neutralizza gli enzimi che si occupano della nutri­zione delle cellule, oppure rompe direttamente le pareti cellulari.
      L'AIDS ha messo sotto gli occhi di tutti, drammaticamente, l'importanza di un efficiente sistema immunitario, ma i ricercatori immu­nologi non hanno atteso questa emergenza per mettersi alla ricerca di alimenti-farmaci che accrescano le difese dell'uomo. L'aglio è certa­mente uno di questi, come ritengono T. Abdullah e la sua équipe della Clinica Akbar di Panama, in Florida.
      Le cellule "killer" del sangue dei volontari che hanno ingerito grandi quantità di aglio hanno neutralizzato un numero di cellule cancerose superiore del 140-160% a quello delle cellule "killer" di chi non aveva mangiato aglio. Che cosa vuol dire? Che con questo piccante ortaggio aumentano le possibilità di difesa dell'organismo non solo nelle infe­zioni e nel cancro, ma anche nelle sindromi di carenza grave della ri­sposta immunitaria come l'AIDS, se non altro nel combattere le micosi che colpiscono a ripetizione coloro che sono affetti da questa malat­tia. L'aglio, comunque, è attivo nel rinforzare le difese organiche an­che in piccole quantità, come sostengono i ricercatori.
      Lo strano è che l'allicina, volatile, agisce anche a una distanza di 20 cm (Bocker): ecco spiegata l'efficacia delle "maschere d'aglio" anti­contagio dei medici antichi, e dell'uso contadino di portare spicchi d'aglio in tasca in caso di epidemia. Del resto, durante le guerre, gli infermieri usavano cospargere di poltiglia d'aglio le ferite, per evitare infezioni. Un accorgimento valido ancor oggi per gli escursionisti in montagna, visto il gran numero di agli selvatici che è possibile racco­gliere. E non è tutto.
      L'aglio è attivo anche contro i funghi patogeni, come la Candida albicans che tanti fastidi procura alle vie genitali femminili e alla mucosa del cavo orale (mughetto), nella concentra­zione minima di estratto acquoso di aglio variabile tra 0,8 e 1,6 mg/ml, secondo M.A. Ghannoum, e contro i parassiti (insetti e vermi, come la Trichinella spiralis delle carni).
      Come e più della cipolla, l'aglio è l'alimento anti-infarto ideale: previene l'aggregazione delle piastrine del sangue e quindi il rischio di trombosi, grazie a un principio presen­te nella allicina, noto come ajoene, che si è rivelato un potente fattore anti-trombotico, in quanto inibisce i ricettori del fibrinogeno, cioè la proteina del sangue che agisce nella coagulazione sulle piastrine (Block, Mahendra e Crecely). L'ajoene è sensibile al calore, quindi l'aglio come farmaco anti-infarto va assolutamente mangiato crudo. La dose minima è di 5 g, ovvero uno spicchio. Un'équipe della Scuola di medicina della George Washington University (Vanderhoek, Makhe­ja e Martyn Bailey) è arrivata a dare un'ulteriore dimostrazione che l'aglio e anche l'estratto di aglio bloccano la produzione da parte delle piastrine della prostaglandina A, nota come trombossano. In India, A.K. Bordia del Bombay Hospital Research Centre, ha osservato che l'aglio, assunto ogni giorno, aumenta in tre mesi del 130% e nei malati di cuore dell'83% l'attività fibrinolitica, cioè la capacità del sistema di dissoluzione dei coaguli sanguigni.
      Inoltre abbassa il tasso di colesterolo nel sangue (Kritchevsky, Myung Chi), distinguendo tra HDL e LDL, e diminuisce il tenore di grassi nelle arterie, a quanto risulta da una ricerca effettuata in India. In uno studio dell'équipe di B. Lau dell'Università di Loma Linda in California un estratto giapponese di aglio concentrato, noto come Kyolic (1 g al giorno), ha ridotto il dannoso LDL e i trigliceridi nel 60­-70% dei soggetti, mentre ha aumentato il benefico HDL. Il consumo giornaliero di aglio fresco abbondante si è dimostrato più efficace del clofibrato, che è il farmaco più usato, nell'abbassare il colesterolo ne­gli esperimenti di laboratorio, tanto da ridurlo nettamente da 305 a 218 mg/100 ml in due mesi. Un tasso di colesterolo altissimo è stato ri­dotto in 25 giorni da M. Sucur su 200 pazienti, con cinque spicchi al giorno e poi con due spicchi come "dose di mantenimento". Ma si trat­ta di casi limite. Una indagine epidemiologica tra un gruppo di vegeta­riani della comunità dei Giainisti in India ha dimostrato che due spic­chi al giorno bastano a mantenere il colesterolo a 159 mg, rispetto ai 208 mg del gruppo di controllo che non mangiava aglio (Carper). Ma, da solo, l'aglio è di difficile impiego contro il colesterolo. Sarebbero necessari alcuni grammi di olio d'aglio al giorno (e 100 g di aglio ne contengono solo 0,6 g). Va usato, invece, in "associazione" con altri alimenti anti-colesterolo, in piatti unici o in pasti coordinati: fagioli e altri legumi, cipolla, cibi ricchi di fibre ecc. (Ballarini). Infine, come ha dimostrato Bickoff, si è scoperto che anche l'aglio è dotato di ormoni sessuali ad attività estrogenica. Cowan e Saghir ritengono che il suo propil-disolfuro abbia anche una azione anti-tiroidea (gozzigena).
      È naturale, quindi, che le virtù dell'aglio siano così numerose. Oltre che antibiotico, utile anche nella prevenzione delle malattie cosiddet­te "da raffreddamento", è un espettorante, diuretico, antispasmodico, è un potente tonificante generale, che qualcuno ha paragonato alla china, è uno stimolante del ritmo e della contrattilità del cuore (da consigliare come condimento agli astenici e ai depressi), è un buon ipotensivo in quanto vasodilatatore di arteriole e capillari (Loeper e Lemaire, Chailley-Bert), ma è ormai noto che fa abbassare la pressio­ne sanguigna solo nei casi di ipertensione, senza influire su chi ha già la pressione bassa, a differenza dei farmaci chimici sintetici. In Giap­pone l'aglio è riconosciuto dall'Ente di controllo degli alimenti e dei farmaci come un vero e proprio ipotensivo. Diminuisce la pressione non solo negli animali da laboratorio, ma anche nell'uomo secondo esperimenti condotti negli USA, in Russia e in Bulgaria, come ha ri­portato la rivista medica inglese "The Lancet". Il calo della pressione sistolica prodotto dall'aglio è in media del 20-30% e di quella diastoli­ca del 20%, come ha dimostrato V. Petkov, fisiologo dell'Accademia delle scienze di Sofia (Bulgaria).
      Gli oncologi sperimentano spesso l'aglio perché – come si è già anticipato – sono convinti che abbia forti poteri anti-cancro. Secondo A. Lorand è un buon preventivo anti-tumorale. Negli esperimenti, il suo succo fresco inibisce lo sviluppo del neoplasma (Casparis, Lakhowski, Auler). Gli epidemiologi sostengono che le aree geografiche dell'aglio sono agli ultimi posti delle classifiche dei casi di cancro. Fatto sta che presso i cinesi, i provenzali, i mediterranei in genere e gli slavi, tutte popolazioni che fino a qualche anno fa consumavano forti quantità di aglio, i tumori erano sempre piuttosto rari. Numerosi esperimenti di laboratorio dimostrano che l'aglio, probabilmente per l'azione della allicina, può immunizzare le cavie dal tumore o far regredire un tumo­re già sviluppato.
      In taluni casi l'aglio si è dimostrato un antiossidante più potente della stessa vitamina E, adatto quindi a preservare l'organismo dal pericolo dei radicali liberi. In varie ricerche di laboratorio sono stati così controllati o guariti cancri alla mammella, al fegato, al­la vescica. Per prevenire quest'ultimo tipo di tumore negli animali, si è scoperto che l'aglio è più efficace del vaccino anticancro BCG. Presso l'Anderson Hospital and Tumor Institute di Houston (Texas), l'attività dei composti solforati è stata impiegata per inibire gli agenti car­cinogeni del colon, prevenendo così il tumore. Negli USA, il National Cancer Institute considera oggi l'aglio e i suoi estratti ai primi posti nell'elenco dei chemioterapici naturali. In Cina una grande ricerca epidemiologica ha messo in luce che in due regioni contigue della pro­vincia di Shandong il livello dei consumi individuali di aglio determina in modo inversamente proporzionale il livello del tasso di tumori. Nel Gangshan, dove tutti mangiano molto aglio (anche sette spicchi al giorno), si contano appena 3,4 morti per tumore allo stomaco ogni 100 mila abitanti; nel Quixian, invece, dove nessuno ama l'aglio, i morti per tumore gastrico arrivano a 40 per 100 mila (N. Horwitz).
      Il Codice Ebers, il papiro egizio risalente al 1550 a.C., riporta 22 ricette terapeutiche a base di aglio, alcune delle quali per malattie che noi riteniamo "modernissime", come quelle cardiovascolari e i tumori. Possibile? In effetti più di un medico ha dubitato della capacità dei glottologi incaricati della traduzione del papiro; ma poi gli storici della medicina da un lato ("Sì, certamente, la scienza degli Egizi – come quella dei Romani e dei Greci antichi – già conosceva e tentava di cu­rare il cancro") e soprattutto i ricercatori e gli sperimentatori dall'al­tro, hanno indirettamente confermato la plausibilità delle antiche cure antitumorali a base d'aglio.
      La scienza contemporanea sta conferman­do in parte e meglio definendo le antiche intuizioni dei medici della ci­viltà mediterranea. Gli estratti d'aglio, secondo altri esperimenti, non si sono dimostrati capaci di impedire la moltiplicazione delle cellule tumorali, ma di interferire nelle prime fasi di induzione mutagenica provocata dagli agenti cancerogeni (S. Knasmuller). È noto, infatti, che molti agenti. cancerogeni sono anche mutageni, cioè provocano modificazioni genetiche nelle cellule con caratteristiche di ereditarie­tà. L'aglio, quindi, agisce più efficacemente come preventivo, proba­bilmente perché riesce a "modulare" con una presenza limitata ma continua la flora microbica dell'intestino crasso, in modo da impedire il formarsi di composti cancerogeni endogeni (Ballarini), che potrebbero interessare tutto l'organismo. E infatti delle quattro sostanze sol­forate ricavate dall'aglio, dall'AMT (allile-metil-trisolfuro) fino al DAS (diallile-monosolfuro), tutte e quattro si sono dimostrate capaci di impedire le formazioni neoplastiche allo stomaco; mentre il disolfu­ro e il monosolfuro hanno evitato anche forme di cancro ai polmoni (V.L. Sparnins).
      L'aglio è poi tradizionalmente prescritto dai medici naturisti per eliminare gli ossiuri, ovvero i vermi intestinali dei bambini, e ha molte altre indicazioni, anche per uso esterno. Una pasta di aglio pestato può rivelarsi utile per eliminare calli e duroni e curare verruche e pun­ture di vespe.
      Dell'aglio coltivato fresco e delle varie specie di aglio selvatico, il cui gusto è meno piccante ma più aromatico, è bene utilizzare anche le foglie verdi, supervitaminiche (specialmente dotate – come abbiamo visto – di vitamina A).
      Come tutti gli ortaggi ricchi di elementi curati­vi, l'aglio viene praticamente distrutto dalla cottura; ragione per cui è indispensabile consumarlo crudo, ben schiacciato con l'apposito schiaccia-aglio e accompagnato sempre dal prezzemolo tritato che funge da assorbente degli odori. Ballarini, però, sostiene che anche un aglio termicamente maltrattato in cucina (per esempio spaghetti con aglio, olio e peperoncino) conservi gran parte dei suoi componenti antibatterici (solfuro di diallile, olio di Cavallito, tioformaldeide), mentre perde l'ajoene antitrombotico. L'aglio cotto, secondo qualche ricercatore, non perde tutte le sue proprietà, ma può ancora in parte abbassare il tasso di colesterolo, mantenere fluido il sangue, regolare il muco bronchiale e decongestionare le vie respiratorie, come riporta Carper. Sembrano del tutto inefficaci, invece, gli oli, le pillole e i pre­parati "a base di aglio" che sono in commercio, con l'unica eccezione dell'estratto sperimentato da Lau.
      L'aglio crudo non ha controindicazioni se non per alcune malattie: le gastriti per eccesso di acido cloridrico e le ulcere gastroduodenali, Secondo Alessandrini, è anche controindicato nelle tubercolosi e nelle affezioni polmonari quando esiste tendenza alla emottisi. Al contrarie di quanto potrebbe sembrare, la tossicità dell'aglio è trascurabile per l'uomo: secondo Perrin, Dombray e Vlaicovitch per un uomo di 70 kg ne occorrerebbero ben 595 g.
      Facilita la digestione, anche se l'opinione popolare è diversa, ma sulla mucosa rettale ha un'azione irritante (Alessandrini). Il suo assorbimento intestinale e parenterale è rapidissimo. La sua essenza viene eliminata dal polmone, ed è per questo un forte antisettico polmonare utile nei raffreddori e nelle influenze. Per limitare il "cattivo odore" usare gli stessi accorgimenti suggeriti per la cipolla, meglio se in un frullato al latte si aggiungono alcune fo­glie di salvia.
      Come le erbe aromatiche e le spezie, l'aglio ha anche un notevole valore nutritivo indiretto, in quanto favorisce le secrezioni digestive e perciò migliora l'assimilazione degli alimenti. In secondo luogo, es­sendo dotato di attività antibiotica, può aumentare il rendimento di un pasto (o di una dieta) anche del 10%, come riporta Ballarini. Bastano pochi milligrammi di principio attivo, spesso in aggiunta ad altri ali­menti "antibiotici" (prezzemolo, mela, pomodoro, cipolla, albume d'uovo ecc.), per migliorare la quantità di calorie, proteine, vitamine e minerali effettivamente assorbita dall'organismo, grazie alla "modu­lazione" della flora batterica digestiva.
      Le ricerche più eterodosse sono state tentate sull'aglio. Un ricercatore russo specializzato in elettro-biologia, I. Gurvitch, ha provato a esaminare le radiazioni naturali emesse, in particolari condizioni, da­gli alimenti e ha scoperto che l'aglio emette uno speciale tipo di radia­zioni ultraviolette chiamate radiazioni mitogenetiche. Secondo Gurvit­ch, queste radiazioni avrebbero la proprietà di stimolare l'attività del­le cellule dell'organismo con effetti probabilmente tonificanti e di rin­giovanimento generale. Sull'efficacia reale delle cosiddette "radiazio­ni di Gurvitch", però, si attendono conferme certe da nuove analisi di laboratorio.
      E in cucina l'aglio come si usa? Si usa quasi come la cipolla: nelle zuppe (va aggiunto proprio in ultimo, direttamente nel piatto), per in­saporire e aromatizzare piatti di verdure (fagiolini, peperoni ecc.), le­gumi, insalate crude, polente, minestre e altro. Buonissimo nella tra­dizionale panzanella toscana, con pane nero, pomodoro e fettine di ci­polla, come nella bruschetta tosco-laziale, con olio e sale cosparsi su pane nero. Un accorgimento: quando lo schiacciate con l'apposito utensile (questo è il modo più razionale per digerirlo meglio), o lo sfregate su una fetta di pane, cospargetelo subito di olio: in tal modo le essenze volatili dell'aglio non verranno disperse.
      Una volta cotto, anche leggermente, perde il suo sapore acre e caratteristico e ne acquista uno vagamente dolciastro. L'aglio infine è adatto a far compagnia ai formaggi, meglio se caprini bianchi freschi. Per ottenere un formaggio alle erbe aromatiche basta impastare del caprino fresco o della ricotta con un tritato di aglio, timo, origano, prezzemolo e santoreggia. È gustoso anche per condire le cagliate fat­te in casa. Stranamente, va d'accordo anche con il sapore dell'uva, co­me ben ricordano i contadini, che usavano fare spuntini con un grap­polo d'uva matura e una fetta di pane condito con sale e olio, e soffre­gato di aglio (da Nico Valerio, L’Alimentazione Naturale, Mondadori, ed. 2001, pp.327-335). E’ obbligatorio citare la fonte o il link).

      PROPRIETA’ CONFERMATE. Qui terminava la voce del Manuale. E oggi? Gli studi, molto più seri che in passato, si sono moltiplicati: per accennarne soltanto servirebbero decine di articoli. Tra le principali attività farmacologiche dell’aglio oggi accertate dalla scienza con nuovi studi, quelle di anti-infettivo e anti-microbico (svariati batteri, virus e funghi), anti-glicemico, anti-trombosi (anti-aggregante piastrinico), anti-colesterolo, anti-ipertensione, anti-aterosclerosi, anti-infarto, stimolante delle difese immunitarie, anti-cancro preventivo (in particolare: colon, stomaco, endometrio, polmoni), secondo una sintesi della ricerca (B.B.Aggarwal). L’aglio germogliato da 5-6 giorni, caratterizzato da  (impropriamente definito “vecchio” o “stagionato”) è ancora utile, anzi sintetizza sostanze chimiche nuove che aumentano il suo potere antiossidante. Perfino l’Istituto Superiore della Sanità, sia pure attento a non riconoscere alcuna proprietà terapeutica alle “erbe”, nelle Linee Guida ministeriali in “Sostanze e Preparati Vegetali ammessi”, in attesa di un’organica legislazione europea, propone queste indicazioni "solo “fisiologiche” (!) per Allium sativum (bulbus): “Regolare funzionalità dell'apparato cardiovascolare. Metabolismo dei trigliceridi e del colesterolo. Regolarità della pressione arteriosa. Fluidità delle secrezioni bronchiali. Benessere di naso e gola. Funzione digestiva. Antiossidante”.
      CAUTELE E CONTROINDICAZIONI. L’aglio spremuto o in poltiglia, come fa intuire anche il forte sapore bruciante, ha una potente attività farmacologica e può essere anche tossico, se mal consumato. Non deve mai venire a contatto diretto con le mucose (bocca, esofago, stomaco) e con la pelle (v. Modi di assunzione). E’ un potente emetico (vomitivo), quindi mai assumerlo a stomaco vuoto o quasi, o quando si soffre di nausea. Tra gli effetti collaterali possibili: nausea, vomito, gastrite. Controindicato in ulcera gastrica, reflusso esofageo, rischi di emorragie, periodo pre-operatorio, gravidanza, allattamento, emofilia e carenza piastrinica, cirrosi epatica. Numerose le interazioni con farmaci: non prenderlo insieme con aspirina, FANS,  warfarine, paracetamolo e altri farmaci elencati nella guida Interazioni tra erbe, alimenti e farmaci (Firenzuoli F.).
      MODI DI ASSUNZIONE. Dopo essere stato ridotto in poltiglia finissima (spremuto) va subito cosparso d’olio, al fine di non far evaporare il principio attivo volatile, e ben amalgamato in piatti a base di legumi schiacciati, semole fluide, purea, patate schiacciate, condimenti grassi o meglio ancora latticini, capaci di proteggere le mucose, permettendogli di arrivare a essere assimilato senza problemi. Dopo l’aggiunta dell’aglio questi piatti vanno consumati rapidamente. L’ideale veicolo è lo yogurt che lo amalgama bene anche in buona quantità e ne ottunde l’effetto bruciante perfettamente, salvaguardando anche le mucose, non ultime quelle di esofago e stomaco. Si può aggiungere poco olio e sale, come per la crema tzatziki in Grecia. Ottimi veicoli anche creme di formaggio e ricotta. Discreto o mediocre veicolo anche la salsa densa di pomodoro purché con molto olio. Con l’aglio vanno benissimo, ma sono pessimi veicoli (fare attenzione a non farlo evaporare o a non bruciarsi lingua e bocca), brodi, minestroni, legumi interi, verdure cotte, insalate, paste asciutte. Poco indicati tutti cibi che vanno masticati a lungo, non coprono o non assorbono.    
Cardamomo verde semiODORE. Sul problema, socialmente e psicologicamente grave, del cattivo odore dell’alito e del corpo dopo l’assimilazione dell’aglio crudo per circa 48 ore e più, che di fatto ne impedisce in Occidente l’uso regolare e perfino terapeutico, studi scientifici hanno avvalorato l’antica credenza popolare indiana che il seme di cardamomo verde riesca a ridurre fino ad annullare questo spiacevole conseguenza, con vari meccanismi d’azione possibili. E a differenza del prezzemolo fresco e dei semi di finocchio (meno efficaci e a rischio tossicologico) il cardamomo non ha side effects tossici, anzi è utile per numerose altre attività, tutte protettive o benefiche. I semi devono essere di colore verde (Green cardamom), non vecchi e della migliore qualità. Raccomandiamo quelli non sfusi ma confezionati in buste sigillate, meglio se della più affidabile o meno inaffidabile ditta esportatrice indiana, la TDS. Per nostra esperienza personale e a detta unanime dei… vicini, per quasi annullare gli effetti di uno spicchio crudo spremuto assunto col pasto serale (tipicamente: nel condimento di un piatto di cereali o legumi dotato di olio: olio e farinacei solo fondamentali per poter assumere l’aglio crudo con minori problemi organolettici), sono sufficienti 2-3 se grossi (4-5 se piccoli) semi di cardamomo – attentamente masticati, e talvolta può risultare fastidioso a causa del tenace involucro (che andrebbe aperto per utilizzarne i semini), in modo da masticare o tritare bene i piccolissimi e duri semini interni che contengono il principio attivo aromatico – durante o dopo lo stesso pasto agliaceo e almeno nei successivi tre pasti non agliacei (colazione, pranzo e cena) del giorno dopo. I semini più efficaci sono grossi e di colore nero; quelli piccoli e di colore bruno chiaro sono molto meno efficaci. Ad ogni modo, in media, una dozzina di frutti di cardamomo al giorno divisi tra i 3 pasti sembra riuscire a neutralizzare l’odore di almeno un grosso spicchio crudo schiacciato preso regolarmente una volta al giorno, p.es. alla sera. Chi invece intenderà consumare 2-3 o più spicchi, dovrà sperimentare le sue dosi adatte di cardamomo. L’uso continuato di questa spezia non sembra finora porre problemi gastro-esofagei, ma attenti alle sensibilità individuali. Ad ogni modo è prudente fare in modo che ogni tipo di spezia, perfino il cardamomo, non sia lasciata a contatto con le mucose esofagee più del necessario al transito. Quindi dopo averlo masticato bere acqua o mangiare un frutto o succhiare 1-2 tronchetti di liquirizia purissima che è gastroprotettiva. Ecco perché contrariamente a quanto dicono gli indiani suggerisco di consumarlo a tavola. Il che non impedisce di consumarlo in aggiunta durante la giornata.

AGGIORNATO IL 29 MAGGIO 2015