sabato 1 settembre 2012

OLIO DI PALMA? Meno rischioso di burro e oli di semi: protettivo se grezzo.

Frutti tagliati di palma da olio (con nocciolo o palmisti)ECCOLO, IL PRIMO DEI MISTERIOSI “GRASSI VEGETALI”. L’olio di palma è oggi il grasso più consumato al Mondo, anche nell’alimentazione. Finalmente è citato in modo chiaro sulle etichette. Ma leggere le etichette non basta per capirle. Nutrizionisti e consumatori dovrebbero rispettivamente informare e informarsi sulle vere caratteristiche degli alimenti, a cominciare dai reali componenti nutrizionali e dal tipo di acidi grassi che ci sono nei trigliceridi, cioè negli oli e grassi in commercio.
      Fatto sta che da quando per primo misi in guardia nel mio manuale Alimentazione Naturale dalle etichette che sotto la generica definizione di “grassi vegetali” nascondevano l’olio di palma, ritenuto a rischio cardiovascolare solo perché ricco di acidi grassi saturi, i tempi sono cambiati. Allora medici e ricercatori credevano che i grassi ricchi di a.g. saturi fossero di per sé veleni per il cuore, oggi non più, grazie a studi più precisi e approfonditi. Purché, ovviamente, assunti senza eccessi e in diete equilibrate. Nelle Linee guida nutrizionali i grassi totali dovrebbero aggirarsi intorno al 30 per cento delle calorie giornaliere, mentre gli acidi grassi saturi non devono superare il 10 per cento delle calorie.
      Oggi, in colpevole ritardo sui nuovi studi scientifici, si sta esagerando in senso contrario: contro l’olio di palma è in atto una vera e propria campagna di disinformazione basata su falsità grossolane (“fa male”, “è cancerogeno”, “fa venire il diabete”), come se fossimo rimasti agli anni ‘60, senza tener conto dei dati chimici-nutrizionali che lo rendono non solo di gran lunga migliore della margarina, che per fortuna oggi i produttori di alimenti da forno usano sempre meno perché i suoi acidi trans-saturi sono indiscutibilmente dannosi, ma, dal punto di vista puramente nutrizionale, anche del burro e degli oli di semi, specialmente nelle fritture e cotture. Non innalza il colesterolo LDL, non abbassa le HDL, non aumenta il rischio di ateromi. E allo stato vergine (solido e di colore rosso: "red palm oil") è addirittura protettivo, perché oltre all’azione dei suoi carotenoidi, tocoferoli e tocotrienoli vitaminizzanti (vit. A ed E) e dei suoi anti-ossidanti polifenolici, nella struttura della molecola del trigliceride il suo acido palmitico, che isolato e dato ai topi di laboratorio sarebbe rischioso, è poco attivo ed è bilanciato dall’abbondante monoinsaturo protettivo a.g. oleico, quello che caratterizza l'olio di oliva (ben il 38%, anzi addirittura il 42% nella composizione di un olio di palma grezzo "red palm oil" in commercio riportata da Kritchevsky 2000, v. seconda tabella). Acido oleico, spiega un ricercatore chimico, che nell'olio di palma viene assimilato prima e totalmente, e quindi può esplicare appieno la sua azione protettiva (proprio grazie alla sua particolare posizione nella molecola). Mentre il suo acido palmitico, dannoso da solo, è messo - per così dire - dietro le quinte e posto in condizione di non nuocere.
Olio di palma liquido giallo rossastro in ampolla      Ma del tutto ignara di seri studi scientifici nutrizionali, clinici, epidemiologici e perfino storici-agronomici, la campagna di disinformazione boicotta l’olio di palma anche col pretesto della tutela dell’ambiente (le “foreste sostituite dalle palme!”), come se questo non fosse tipico di tutta l’agricoltura storica, a partire dall’Italia. Pensiamo alle nostre bellissime foreste e macchie originarie distrutte per far posto a oliveti, vigneti, agrumeti, risiere, campi di mais, che oggi qualche stolto considera parte del nostro “paesaggio tipico”; ma pensiamo anche all’orso, alla lince e ad altri animali, un tempo molto comuni. E tace sul fatto che in Malesia e Indonesia eventuali piantagioni alternative di oleaginose come arachidi o girasole distruggerebbero il 500 o 700% in più di foresta, poiché danno rispettivamente 5 o 7 volte meno olio della palma. Insomma, dal punto di vista ecologico e di "consumo di territorio", l'olio di palma è proprio quello che ruba meno foresta, spreca meno energia, produce meno CO2, inquina di meno, come dimostrano studi scientifici e tabelle (v. articolo). 
      E allora? In realtà la disinformazione è orchestrata, e si inserisce nella lotta spietata di concorrenza economica (lobby dell’olio di soia e di oliva contro lobby dell’olio di palma) e mira a scalzare dal suo primo posto nel Mondo un grasso  presente in molti alimenti industriali (biscotti e prodotti da forno, pasticceria, patatine fritte, glasse, creme di cioccolato e-o nocciola spalmabili, salse, margarine, dadi per brodo ecc.) perché, a differenza del burro e degli oli di girasole, arachide, sesamo, soia, cartamo, colza e oliva, si conserva bene (non irrancidisce), regge le alte temperature in cucina senza produrre ossidrili e radicali liberi, costa meno, e – ora è provato – non è assolutamente dannoso per la salute; anzi nel peggiore dei casi è neutro, nel migliore (red palm oil) è protettivoQuattro vantaggi ineguagliabili per l’industria alimentare e i consumatori, se non si vuole ricorrere all’unica reale alternativa all’olio di palma: la dannosa margarina ricca di acidi grassi trans-saturi che aumentano il rischio di ateromi e non solo innalzano il colesterolo LDL come gli a.g. saturi a catena lunga, ma abbassano anche le preziose HDL (Fao, Fats and fatty acids in human nutrition. Report 91, 2008). Non sono un’alternativa possibile gli oli di semi (girasole, soia, arachide, sesamo, ecc.), instabili e facili ad ossidarsi producendo sostanze tossiche e radicali liberi nell’organismo.
      PARLIAMO NOI CHE PER SECOLI ABBIAMO FRITTO CON LO STRUTTO?  Ma i prodotti industriali sopra detti, ricchi di farine raffinate, zucchero e grassi, non sono dannosi perché contengono quel po’ di olio di palma, ma perché sono spesso junk food, cibo spazzatura, inutile e dannoso, e sarebbero dannosi in una dieta sbilanciata e in eccesso calorico anche se addizionati di olio extra-vergine di oliva! 
Quindi il boicottaggio dell’olio di palma è un atteggiamento, anche per un naturista, eccessivo sul piano nutrizionale, e illogico sul piano storico, visto che anche noi Italiani, nonostante la tanto strombazzata “civiltà dell’olivo”, abbiamo usato per molti secoli, dalle origini fino al 1960, come principali grassi di cottura soprattutto lardo e strutto.

      UN GRASSO PER L’INDUSTRIA. L’olio di palma non è un grasso d’uso casalingo, almeno in Europa, ma solo un grasso industriale e commerciale (industria alimentare, ristoranti, friggitorie, mense). Non ha fatto mai parte della nostra cultura antropologica, tantomeno in questo articolo-monografia si esorta a consumarlo al posto dell’olio di oliva. Se qui se ne parla è solo per ristabilire la verità e chiarire le idee dal punto di vista scientifico (così che il “ripasso” sarà utile per capirne di più anche degli altri oli e grassi), perché la campagna di disinformazione in atto confonde le idee ai meno colti in fatto di alimenti – la stragrande maggioranza – e anche perché arrivano allarmate richieste di pareri da parte di lettori naturisti che se lo ritrovano sui banconi dei supermercati “bio” o botteghe del Naturale nelle etichette più insospettabili.
Olio di palma grezzo solido      Allora diciamo che in questo ambito, cioè usato nel cibo industriale o tecnologico o “artificiale”, da cui noi naturisti dobbiamo essere solo sfiorati, l’olio di palma ha una sua funzione, che non va criminalizzata. Soprattutto perché  ha una composizione chimica sorprendente, ben bilanciata tra a.g. saturi e a.g. protettivi, che ne fa, considerando gli aspetti puramente nutrizionali e non i possibili contaminanti da raffinazione (v. in fondo, studio EFSA), un grasso più protettivo o meno rischioso del burro nelle cotture. E ancor più se è olio di palma vergine, solido e rosso (“red palm oil”), che però è di rado usato nell’industria perché colora con i suoi carotenoidi il prodotto e ha sapore e odore suoi propri. Ma chi lo osteggia dovrebbe a maggior ragione boicottare il burro, che come si vede nella grande tabella sopra riportata, ordinata in ordine crescente di acidi grassi saturi, presunti “a rischio”, e in ordine decrescente di acidi grassi insaturi, cioè “protettivi”, ha parametri nettamente inferiori nelle due classi di acidi grassi protettivi mono e polinsaturi; e che non tollera le fritture anche per la presenza di residui di latticello; oppure dovrebbe privilegiare addirittura strutto lardo, che – dispiace a noi vegetariani – grazie alla nuova dieta “salutista” imposta ai suini, hanno la bellezza del 55% e 66% di acidi grassi protettivi e il 42% e 33% di saturi (ma v. più avanti la critica posizione in sn-2 dell’a.g. palmitico nei trigliceridi del lardo). Ma anche solo tenendo conto delle ossidazioni provocate da lunga conservazione, in ambiente sfavorevole, o da cottura prolungata o ad alta temperatura (frittura), l’olio di palma è addirittura migliore non solo del burro, ma anche degli stessi oli di semi.
      OLIO DI PALMA “INOSSIDABILE”, E LE CONTRADDIZIONI DEGLI ANTI-PALMA. Noi siamo contrari a un uso regolare dei prodotti alimentari industriali e anzi mettiamo in guardia dal loro consumo regolare; ma non per l’olio di palma. E se i contestatori dell’olio di palma, gli pseudo-salutisti, i vegetariani e bio-fans golosi, mangiassero meno biscotti, meno crackers, meno salatini, meno croissant, meno golosità industriali, meno Nutella e altre creme spalmabili al cioccolato, meno fritture in rosticceria, meno cibi pronti da bar o tavola calda, meno preparati per brodo, meno gelati ecc., non rischierebbero la salute, e oltretutto ci sarebbe nel Mondo una minore domanda di olio di palma. Se, invece, si ostinano a richiedere questi prodotti industriali, visto che sono incapaci di smettere dovrebbero almeno porsi il problema delle alternative industriali all’olio di palma. Cioè, quale grasso potrebbe resistere alle difficili condizioni ambientali della cottura industriale e della produzione a caldo, dell’ossidazione dovuta a immagazzinamento, calore prolungato (sole, luce battente), e a conservazione all’aria in scatole non a perfetta tenuta – come dadi per brodo, biscotti ecc. – per  lunghi mesi a contatto con luce e temperatura ambiente? Scartata la margarina, ormai, resterebbe solo lo strutto o il lardo, oppure olio di oliva o burro, ma protetti (come accade oggi nei panettoni) da parecchi antiossidanti sintetici tipo BHT, butil-idrossitoluolo e BHA, butil-idrossianisolo). Li preferirebbero come alternativa? Se sono vegetariani o naturisti, no di certo. E gli oli di semi (girasole, mais, cartamo, vinacciolo, arachide, soia, sesamo, noce ecc.)? Ricchissimi di a.g. polinsaturi, sono instabili chimicamente e predisposti alla rapidissima ossidazione (irrancidimento) e alla produzione nel nostro organismo di pericolosi perossidi, cioè radicali liberi, e anche idrocarburi, aldeidi e acidi vari tossici e di sapore sgradevole. Infatti, se acquistate questi oli vegetali non trattati chimicamente, ma spremuti a freddo, dovete accertarvi che siano contenuti in bottiglie di vetro scuro o non trasparente, con tappo a vite, e che siano stati prodotti e mantenuti lungo l’intera catena produttiva-distributiva al fresco e non alla luce, cosa rarissima. E la cosa riguarda lo stesso olio extra-vergine di oliva, come si spiega in questo articolo. Insomma, tutti i grassi sono sensibilissimi al calore, alla luce, all’aria, ai trattamenti chimici e fisici dell’industria alimentare e dei magazzini, tranne olio di palma, lardo e strutto. Ecco perché, per ragioni puramente chimiche, è sbagliata la campagna anti-palma del "Fatto Alimentare" tesa a costringere i produttori di biscotti e altri prodotti a sostituire l'olio di palma con gli oli di semi abituali. Questi si irrancidiscono, e quindi la campagna non fa certo bene ai consumatori.

      E allora? In questi casi (ripetiamo: produzione industriale, magazzini, trasporto e negozi non refrigerati) non resta che l’olio di palma, stabile alla frittura, ad ogni genere di cottura e alla perossidazione lipidica da ossigeno-luce-calore, e oltretutto il più economico. Ora anche provato assolutamente innocuo. Che si vuole di più? Così inossidabile che un orcio di terracotta con tracce di olio di palma è stato trovato da archeologi ad Abydos in una tomba egizia di 5000 anni fa, (FRIEDEL MC. Comptes rendus. On fatty materials found in Egyptian tomb in Abydos. vol. 24,648,1987).
Olio di palma grezzo e puro (in commercio)CIFRE E COMPOSTI SORPRENDENTI. E sul piano puramente nutrizionale? L’olio di palma ha un rapporto saturi/insaturi inferiore a 1 (0.9). Contro il 47% di a.g.saturi totali ha ben il 51.5% di a.g. insaturi protettivi (vedi tabella sopra) cioè ben il 39% di monoinsaturi (acido oleico, tipico dell'olio di oliva, che ne ne ha il 70%) e il 12% di polinsaturi, soprattutto linoleico. Sono tanti, tantissimi, questi a.g. protettivi, che il burro si sogna (solo 26.5%): un dato che parla da sé a difesa dell’olio di palma e che smentisce tutte le campagne di boicottaggio. Ma c’è ben altro.

CI SONO GRASSI SATURI CATTIVI MA ANCHE “BUONI”! Innanzitutto, oggi non basta più dire “acidi grassi saturi” per dire grassi negativi: non siamo più negli ignoranti anni ‘50 e ‘60. Ci sono i saturi pessimi, quelli mediocri e quelli addirittura buoni, cioè protettivi. Insomma, non tutti gli acidi grassi saturi sono uguali. Vero è che l’acido palmitico (ben 43-47% nell’olio di palma, ma presente in tutti i grassi e le carni: ben 17% nell’olio di oliva e 19,5% nell’olio di arachide) è un acido saturo a catena lunga che se isolato e dato ai topi ha mostrato in studi sperimentali di laboratorio un più alto rischio aterogenico e ipercolesterolemico e perciò cardiovascolare. Il burro ha il 21.6% di palmitico, e ha gli acidi laurico e miristico, saturi sì ma a catena media, quindi neutri rispetto al rischio detto, più l’acido butirrico, saturo a catena corta, che è protettivo del colon e inibisce la sintesi di colesterolo e trigliceridi nel corpo umano (è il medesimo che si forma per fermentazione delle fibre nel colon). Ma il burro, non dimentichiamolo, ha pur sempre solo la metà dei protettivi a.g. monoinsaturi dell’olio di palma e una cattiva posizione nella molecola dell’acido palmitico che ne favorisce l’azione. E poi ci sono studi che dubitano perfino che l’acido palmitico alzi il colesterolo a tutti: secondo Khosla e Hayes (1994) dei due principali a.g. saturi dell’olio di palma, lo stearico non innalza il colesterolo, mentre il palmitico lo aumenta solo nei soggetti non normo-colesterolemici. 
Olio di palma vergine (NV, Kritchevsky 2000)MA L’ACIDO PALMITICO ISOLATO NON E’ L’OLIO DI PALMA. L’olio di palma non va confuso con l’acido palmitico, il suo principale acido grasso, come fanno non i giornalisti, che si limitano a copiare le agenzie, ma alcuni ricercatori che alle agenzie fanno capire di aver sperimentato l’olio di palma, mentre hanno dato alle cavie solo acido palmitico, usato per comodità in quanto sempre uguale in tutto il Mondo. Errore grave in cui cade uno studio italiano che ha usato il palmitato da solo su cellule di topi e umane, traendone la conclusione che (il palmitato) provoca un aumento della proteina p66Shc, che è un induttore di stress ossidativo e favorisce l’apoptosi delle cellule beta del pancreas, oltre a innalzare il rischio di iperglicemia e di altri fattori coinvolti nell’infiammazione. E, grazie tante, e allora il beta-carotene isolato dato a topi e umani si è mostrato addirittura cancerogeno, mentre la carota è anti-cancro! Non solo, ma nel presentare lo studio, il capo-ricerca, il pugliese Giorgino, presidente della Società di Diabetologia, che certo non può ignorare che la Puglia abbonda di produttori di olio di oliva – non sempre buono, purtroppo – che vedono come il fumo negli occhi la concorrenza industriale dell’olio di palma, per amor di campanile non ha avuto il cuore di distinguere tra acido palmitico e olio di palma, come invece avrebbe dovuto per rigore di scienza, tanto è vero che poi agenzie e giornalisti e la lobby della disinformazione della “campagna anti-palma” si sono buttati a capofitto esibendo lo studio come ulteriore “prova” negativa. E invece, no.
      E il presidente di una società scientifica – mi ha fatto notare un amico noto nutrizionista medico capo-ricercatore Cra (ex Inran), il dr. A. Ghiselli – dovrebbe sapere che il palmitato nella nostra dieta deriva più dall'olio d'oliva che da quello di palma. Come dovrebbe sapere anche che in Italia il palmitato viene prodotto tramite la de novo lipogenesis a partire da “quella forchettata di fettuccina in più”, cioè da carboidrati in eccesso, amidi e zuccheri (pasta, pane, biscotti, pizza, bruschetta, dolci, bevande zuccherate), che provocano nel fegato, specie dei sedentari, la sintesi ex novo dei trigliceridi. E il primo degli acidi grassi prodotti è proprio il palmitico. Altro che olio di palma!
      Se dipendesse dal palmitato, dovremmo boicottare anche gli oli di oliva e di girasole, che ne hanno ben il 17% e 19,5%. L’acido palmitico o palmitato usato negli esperimenti dei laboratori è un estratto artificiale, una sostanza chimica pura non commestibile fornita dall’industria chimica; nessuno lo ha mai consumato in cucina o a tavola come tale. C’entra poco con l’olio di palma naturale: questo il pesante limite scientifico della ricerca. Ma la posizione in sn-2 del palmitato nel trigliceride dell’olio di palma (v. oltre) smentisce ancora di più che questo studio pugliese possa estendersi anche all’olio di palma (Natalicchio et al. 2015).
Olio di palma solido sbiancato biologico      Ma quando invece diamo all’uomo, non ai topi, non l’acido palmitico isolato ma l’olio di palma intero, a dimostrazione che ogni alimento naturale e integrale è un complesso bilanciato, non si verifica alcunché di negativo. Innanzitutto, l'olio di palma, come tutti i grassi vegetali, è privo di colesterolo, a differenza di burro e lardo. E il più alto colesterolo nel sangue che l’acido palmitico dovrebbe favorire ? La ricerca biologica più accreditata ormai è orientata nel senso che l’olio di palma si comporta all’atto pratico in modo neutro o addirittura favorevole verso i parametri lipidici, cioè non aumenta, anzi, spesso riduce sia il colesterolo totale, sia le pericolose LDL; mentre non innalza i trigliceridi. Quindi un’azione nutrizionalmente non solo almeno neutra, ma addirittura protettiva, come spiegano nel loro studio di sintesi Ong e Goh:
      «L’olio di palma alimentare nelle diete bilanciate riduce generalmente il colesterolo nel sangue, le lipoproteine ​​a bassa densità (LDL) e i trigliceridi, aumentando nel contempo le lipoproteine ​​ad alta densità (HDL). Diete di olio di palma hanno anche dimostrato di migliorare i livelli di lipoproteina (a) e apo-A1. Un importante beneficio deriva anche dalla riduzione dei trigliceridi nel sangue (o dei depositi di grasso) rispetto a diete a base di grassi polinsaturi. L’olio di palma rosso (vergine) è anche una ricca fonte di β-carotene e di α-tocoferolo e tocotrienoli, che hanno dimostrato di essere potenti antiossidanti e potenziali mediatori di funzioni cellulari. Questi composti possono essere antitrombotici, causano un aumento del rapporto prostaciclina/trombossano, riducono la ristenosi, e inibiscono la HMG-CoA reduttasi, così riducendo la biosintesi del colesterolo» (Ong e Goh 2002).
      SOSTITUISCE GRASSI ANIMALI E MARGARINE. Ma già nei vecchi studi si erano avute avvisaglie degli effetti positivi dell’olio di palma, specialmente se in sostituzione di grassi a rischio. Nello studio di Sundram e Hornstra (in doppio cieco e crossover), in 38 volontari maschi la sostituzione del 70% dei grassi animali e oli idrogenati di una tipica “dieta olandese” con olio di palma, che è privo di colesterolo e di acidi trans-saturi [questi, invece, sempre sicuramente dannosi e sempre ad alto rischio cardiovascolare; anzi è spesso proprio per evitare nei prodotti alimentari margarine e scadenti oli vegetali ricchi di a.g. trans che viene impiegato l’olio di palma, NdR], non ha modificato il colesterolo totale nel sangue, ma ha positivamente aumentato dell’11% le HDL protettive, diminuito dell’8% le dannose LDL, aumentato del 4% le apolipoproteine A1 (legate alle HDL) e diminuito del 4% le apolipoproteine B (LDL). Tutti miglioramenti modesti ma significativi, che provano che quando l’olio di palma sostituisce la maggior parte dei grassi animali o trans-saturi in una dieta, non apporta nuovi rischi ma anzi può addirittura ridurre il rischio cardiovascolare (Sundram et al. 1992).
Olio di palma raffinato e frutti con semi visibili      In un esperimento su volontari della Malesia con diete alternate a base di oli di cocco, palma e mais, mentre l’olio di cocco alzava il colesterolo totale del 10%, l’olio di palma riduceva tutti i valori: colesterolo totale -19% (mais -36%), LDL -20% (mais -42%), HDL -20 (mais -26%). Il rapporto LDL/HDL non era modificato dal cocco, ma era abbassato dalla palma (-8%) e ovviamente ancor più dal mais (-25%). I trigliceridi nel sangue non erano modificati dalla palma, ma ridotti dal mais. Quindi anche qui un comportamento da neutro a favorevole, e comunque non negativo (Ng et al. 1991).
      NON TROPPO DISSIMILE DALL’OLIO DI OLIVA, grazie all’oleico in buona posizione e al palmitico in cattiva posizione. Il paradosso nutrizionale dell’olio di palma, che è anche il suo “segreto” chimico e metabolico, è che, nonostante la notevole quota di acido palmitico (acido grasso saturo a catena lunga collegato a rischi di ipercolesterolemia e ateromi) e le percentuali di a.g. analoghe a quelle del lardo, in realtà non aumenta i rischi cardiovascolari e anzi ha effetti protettivi simili all’olio di oliva e di arachide, come riportano i recenti studi riepilogativi (Ong e Goh 2002; May e Nesaretnam 2014), e ancora più chiaramente e in modo esteso un fondamentale articolo scientifico sugli aspetti nutrizionali e salutistici dell’olio di palma vergine o naturale (rosso e solido, noto in commercio come “red palm oil”), con numerose tabelle originali. (Kritchevsky 2000). Come mai?
      Non è più rischioso dei grassi ricchi di monoinsaturi grazie alla stereometria della sua formula chimica, cioè per la particolare disposizione spaziale dei suoi acidi grassi rispetto al glicerolo. Va ricordato che i grassi vegetali ricchi di a.g. saturi (olio di palma, olio di cocco e burro di cacao) hanno gli a.g. saturi posizionati in maggior quantità nelle posizioni 1 e 3 dei trigliceridi, dove mostrano più ritardati e attenuati gli effetti biologici tipici dei saturi. Mentre i grassi animali (burro, formaggi, lardo) hanno gli a.g. saturi per lo più in posizione 2 che è la posizione metabolicamente dominante e permette effetti pronti e totali (Decker 1996). Nell’olio di palma, in particolare, tra le posizioni note come sn-1, sn-2, sn-3 nei bracci della molecola la fondamentale posizione sn-2  è occupata soprattutto dall’acido oleico, monoinsaturo e protettivo, e solo in minima parte dall’acido palmitico, saturo e ritenuto dannoso.
      Così, anche se l’olio di palma e il lardo, p.es., hanno proporzioni simili di a.g. grassi saturi, mono e polinsaturi, differiscono però nelle posizioni e quantità dei singoli a.g. nella molecola. L’olio di palma contiene solo il 2% (Kritchevsky) o il 7-11% (May) di acido palmitico nella cruciale posizione sn-2 del trigliceride (circa l’87% in quella posizione è occupato da a.g. insaturi oleico e linoleico), mentre il lardo ha il più alto ammontare di palmitico in sn-2, quindi totalmente assimilabile: il 70%. E lo stesso confronto favorevole è con il burro. Nell’olio di palma la maggior parte dell’acido palmitico è in sn-1 e sn-3 (poco assimilabili). L’acido oleico, protettivo, è invece situato per lo più (80%) in sn-2, dove è assorbito più velocemente nel corpo e induce benèfici effetti simili a quelli dell’olio di oliva. Insomma, la collocazione spaziale degli acidi grassi nei trigliceridi è forse più importante della stessa composizione assoluta in acidi grassi nel conferire a oli e grassi le proprietà di “saturi” o “insaturi”. La struttura della molecola dell’olio di palma, insomma, sembra favorire più l’acido oleico che quello palmitico. Questo spiega anche il motivo per cui anche se quasi al 50% è saturo, l'olio di palma si comporta come un grasso monoinsaturo, non troppo dissimile dall’olio di oliva (Kritchevsky 2000; Ong e Goh 2002; May e Nesaretnam 2014; Ng et al. 1992; Choudhury et al. 1995; Voon et al. 2011; Straarup et al. 2006; Fao 2008).
      IDEALE PER LE FRITTURE: COME L’OLIO DI OLIVA, MEGLIO DI OLI DI SEMI E BURRO. Ma oltre alla struttura della molecola, anche l’uso pratico conferma questa somiglianza di comportamento con l’olio di oliva. Uno studio spagnolo ha dimostrato che friggere le patatine in oli ricchi di polinsaturi, come l’olio di girasole, provoca più tossica acroleina che in oli ricchi di monoinsaturi. E i risultati ottenuti hanno posto accanto all’olio di oliva l’olio di palma, entrambi con la quantità minore di acroleina (Andreu-Sevilla et al. 2009).
      Altro che grasso del diavolo! Limitandoci all'aspetto chimico-nutrizionale cioè agli acidi grassi contenuti, tanto più se non raffinato (red palm oil), in quanto ai vantaggi della sua struttura naturale che privilegia l’oleico e penalizza il palmitico si aggiunge l’abbondanza di beta-carotenoidi e tocotrienoli (vitamine A ed E, antiossidanti), il bistrattato olio di palma rischia di diventare il grasso degli angeli! E perfino raffinato si comporta in modo neutro rispetto ai principali rischi. Sul piano puramente nutrizionale o protettivo, dunque, l’olio di palma naturale nelle fritture prolungate, artigianali o industriali, è preferibile agli oli di semi e al burro. Burro che – a parte il colesterolo (250 mg/100g), del tutto irrilevante però nei consumi minimi casalinghi – possiede a crudo buone qualità organolettiche, ed è per di più di antica tradizione nella nostra cultura che è di origine pastorale; ma che oggi è usato troppo e male in Europa e nel Nord Italia. Andrebbe consumato (e solo qualche ricciolo) a crudo, di tanto in tanto, meglio se su una fetta di vero pane integrale scuro e aromatico, perché in frittura e cottura si degrada molto diventando pericolosissimo produttore di radicali liberi.  Ma avranno la coerenza i boicottatori dell’olio di palma di boicottare anche e a maggior ragione il burro cotto, cioè mezza gastronomia del Nord Italia e del Nord del Mondo (quella migliore, casalinga, perché quella ordinaria delle pasticcerie e supermercati usa margarina), a partire dalle nostre tradizionali torte dolci “della nonna” e dal panettone?
      E POI, QUANTO INCIDE SULLA DIETA GIORNALIERA? Uno studio review dell'Istituto Superiore di Sanità (2016), che si raccomanda anche per tabelle, aspetti originali sul piano medico e riferimenti, dopo aver concluso che «non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l'olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro» paragona in una tabella i grassi saturi totali stimati assunti ogni giorno in media dalla popolazione attraverso cibi che non hanno olio di palma, come burro, formaggio, carni, salumi ecc. (22,44 g/die), a quelli assunti in media attraverso cibi contenenti olio di palma, come biscotti, crackers, dolci, gelati, merendine ecc. (4,77 g/die). Quindi, perfino in una dieta media convenzionale, non naturistica, che comprende anche prodotti industriali, i grassi saturi da altri cibi sarebbero quasi 5 volte superiori a quelli da cibi con olio di palma. Il vero problema, perciò, - conclude la review dell'ISS - è la somma totale degli acidi grassi saturi assunti ogni giorno, di ogni provenienza, non l'olio di palma in sé. Esattamente quello che il nostro articolo monografico sulla base di tanti studi dimostra.
      IL PROBLEMA DEI PRODOTTI ALIMENTARI INDUSTRIALI: E’ COSI’ DIFFICILE FARNE A MENO? La contraddizione maggiore è criticare l’olio di condimento, anziché l’intera pietanza… Perciò la campagna allarmistica di Internet contro l’olio di palma è strumentale, sbagliata e diseducativa, mischiando nutrizione, ecologia, economia e politica. Primo, perché dice il falso sulle caratteristiche nutrizionali e spande allarme terroristico, attribuendo  i rischi solo a un tipo di grasso, anziché all’eccesso di grassi totali e di carboidrati (che provoca la sintesi dei lipidi nel corpo), o al modo in cui tutti i grassi – anche l’olio extravergine di oliva – sono lavorati dai produttori, commercializzati, conservati in magazzini e in casa, e infine conservati e trattati in cucina e nei ristoranti. E ancora perché tutto questo allarme fa capire erroneamente ai meno esperti che i cibi industriali nei quali è usato l’olio di palma sono importanti, essenziali. No, al contrario, sono cibi tipicamente  artificiali di cui si può, si deve, benissimo fare a meno. 
      Insomma, se i cittadini nonostante gli avvertimenti si ostinano a mangiare fritture, a cuocere sempre con grassi, a consumare e acquistare dadi per brodo, creme di cioccolato spalmabili, patatine, biscotti, salse, margarine, torte, pasticcini e cornetti da bar, tanto peggio per loro. Ma non ci vengano a raccontare gli ideatori di campagne di boicottaggio o gli pseudo-esperti del web (compresi alcuni “medici” o “nutrizionisti”) che quei cibi fanno male “perché hanno l’olio di palma”! La Nutella non fa male per l’olio di palma, ma per il troppo zucchero e i troppi grassi che sostituiscono alimenti protettivi o ricchi di fibre. Piuttosto, se gli allarmisti tengono tanto alla salute, perché non fanno una campagna contro lo zucchero, i dolci, le creme spalmabili e le bevande zuccherate? Perché non boicottano la pericolosa frittura (dannosa anche quando è fatta col migliore olio extravergine di oliva), o l’uso del burro cotto per salse, condimenti, carni, uova e dolci? Perché non gli conviene: sono golosi. Quindi non la faranno mai.
      UN GRASSO VERSATILE: ECCO LE SUE VARIE FORME. Non esiste un tipico "olio di palma", ma questo assume in commercio gli aspetti e le forme più diverse, tanto da disorientare i consumatori Europei, che lo conoscono poco, pur consumandolo nei prodotti alimentari industriali:
1. Grezzo, rosso, pastoso, in barattoli o bottiglie, quello vergine, cioè il red palm oil o “Pure Crude Palm Oil”, ottimo, non trattato chimicamente, molto antiossidante, ma col difetto di durare meno di quello raffinato (anche gli antiossidanti hanno i loro limiti di durata) e di avere un suo gusto. Da provare per curiosità. (Più in dettaglio v. di seguito).
2. Solido, giallo chiarissimo, in panetti, come il burro o la margarina, in uso per lo più in Oriente. L'olio di palma è versatile. Dal suo frazionamento in oleificio tra i tanti prodotti si riesce a ottenere anche un ottimo “burro vegan” che altro non è che olio di palma semi-grezzo e allo stato solido, parzialmente decolorato e deodorato ma ancora con qualche presenza di carotenoidi. Non contiene assolutamente grassi trans-saturi, come qualsiasi olio di palma. E’ facilmente tagliabile in fette o riccioli ed possibile usarlo al posto del burro o della margarina. Ma, attenzione leggere l’etichetta per accertarvi che davvero non sia idrogenato, perché Orientali e Filippini in particolare hanno un debole per la margarina! Nel dubbio non va mai consumato. I grassi idrogenati sono i più a rischio di tutti. 
3. Liquido, giallo chiarissimo, trasparente come gli abituali oli di semi. E' quello più in uso in Europa e America ed è raffinato o frazionato, liquido giallo-trasparente (“olio di palma bi-frazionato”, “Superoleine”, “Palm oleine” ecc.) molto richiesto da friggitorie, ristoranti e mense di tutto il Mondo, per il suo alto punto di fumo e la capacità di resistere alle alte temperature senza produrre sostante tossiche (v. immagine accanto). Le friggitorie lo preferiscono anche all’olio di oliva, quello raffinato, che ha un costo eccessivo per la sua modesta qualità, e perfino all'olio extravergine di oliva (v.qui), facilmente deteriorabili da trasporto, magazzino, luce, calore, ossigeno e soprattutto dalla frittura, che in tal modo diventano produttori di radicali liberi più dei grassi saturi. (Più in dettaglio v. qui di seguito).
      ANTIOSSIDANTI, CAROTENOIDI E STEROLI IN QUANTITA'. Per fortuna, è presente sul mercato internazionale sia il grezzo e naturale olio di palma vergine (red palm oil) nella versione integrale ottenuta per pressione a freddo (che ha – dicono – un odore particolare o forte), ma ora anche nella versione deodorata e moderatamente raffinata che – riferiscono gli studiosi di tecnologia olearia – conserva gran parte degli antiossidanti, compreso il delicato beta-carotene che è il primo a svanire nei processi di raffinazione. Fondamentale per rendersi conto delle caratteristiche nutrizionali e protettive del nuovo red palm oil raffinato commerciale è il citato studio ricco anche di tabelle comparative di Nagendran et al. 2000, che sembra voler indirizzare questo nuovo olio commerciale “red palm oil” deodorato ma ancora ricco di carotenoidi all’industria alimentare, per prodotti più salutistici.
      Così, per i tanti salutisti fissati con gli integratori, l'industria farnaceutica produce le capsule di olio di palma grezzo per la prevenzione e la cura con i suoi abbondanti antiossidanti naturali e le sue vitamine. E molti naturisti e salutisti americani e australiani hanno preso l’abitudine di andare a cercarsi sul mercato web il vero “red palm oil”, l’olio di palma vergine, solido, rosso e naturale (v. immagini: sfuso in una tazza e in un barattolo in commercio), ricco di proprietà antiossidanti e protettive che insieme con i tanti acidi insaturi riduce ancora di più nel nostro corpo l’attività aterogenica dell’acido palmitico, già limitata dalla sua posizione sfavorevole nella molecola e dall’acido oleico. E’ usato per cottura, oppure unito a salse crude e insalate di verdure.
      L’olio di palma vergine, cioè il red palm oil non raffinato, contiene una grande quantità di antiossidanti, carotenoidi, tocoferoli, tocotrienoli, fitosteroli e altri composti protettivi, molto più di qualunque altro grasso. I dati divergono molto a seconda delle fonti: da 30.000 mcg/100 g di β-carotene (responsabile, insieme al licopene del colore rossiccio) a 400-1000 ppm (nella var. E. oleifera con punte di 4600 ppm, cioè mg/kg). Da 33,10 mg/100 g di vitamina E alfa-tocoferolo a 708-1141 ppm come totale di tocoferoli e tocotrienoli. Oltre al coenzima ubiquinone Q10, allo squalene (200-550 ppm, per altri 979 ppm), ai terpeni, ai fosfolipidi ecc. (Goh et al. 1985, Gunstone FD, Vegetable oils in Food Technology 2011). Un peccato che la raffinazione tradizionale (ma v. oltre nuove tecniche) distrugga tutta questa ricchezza. I carotenoidi, p.es, sono totalmente eliminati dai trattamenti fisici-chimici della raffinazione, mentre gli steroli da 326-527 ppm del grezzo (Rossell et al. 1983) scendono a 70-316 ppm nel raffinato (Siew 1990). Solo per permettere alle friggitorie e ai ristoranti popolari di tutto il Mondo di cuocere cibi orribili e insani a poco prezzo! Il burro è dotato di quantità decisamente minori di antiossidanti: retinolo 906 mcg, beta-carotene 146 mcg, vitamina E alfa-tocoferolo 2,40 mg (IEO, Inran).
      L’olio di palma grezzo, nei vari studi passati in rassegna, non ha aumentato ma diminuito il rischio di aterosclerosi e trombosi delle arterie, grazie all’alta concentrazione di sostanze antiossidanti come beta-carotene, tocotrienoli e tocoferoli-vitamina E, e al rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi. Ha anche ridotto la sintesi del colesterolo endogeno, l’aggregazione piastrinica, lo stress ossidativo e la pressione arteriosa, grazie ai suoi tocotrienoli e alla caratteristica posizione isomerica dei suoi acidi grassi. Preso con moderazione facilita l'utilizzo delle sostanze nutritive, attiva nel fegato gli enzimi che metabolizzano i farmaci, facilita l’emoglobinizzazione dei globuli rossi e migliora le funzioni immunitarie (Oguntibeju et al 2009).
      INTEGRATORE VITAMINICO IN SUD-AMERICA E ASIA. Nella dieta umana, specialmente tra i bambini dei Paesi meno sviluppati, è una fonte preziosa, la più economica, la più assimilabile, di pro-vitamina A (l’olio di palma rosso è al primo posto per assimilabilità di β-carotene tra tutti gli alimenti, mentre i vegetali crudi sono all’ultimo posto). E dopo la cottura conserva il 70-88% del β-carotene. Può, perciò, sostituire egregiamente gli integratori di vitamina A. Infatti, nei quartieri più degradati di Tegucigalpa (Honduras), in cui i bambini soffrono di carenze di vitamina A fino alla cecità notturna, la somministrazione di olio di palma grezzo (red palm oil) ha avuto i medesimi effetti dei supplementi di compresse di β-carotene, aumentando in modo significativo il tenore della vitamina A retinolo nel latte delle madri e nel siero dei lattanti (Canfield e Kaminsky 2000). In altre zone, scolari a cui era stato somministrato l’olio di palma rosso avevano dopo 60 giorni un livello di retinolo del sangue simile a quello di altri scolari a cui era stato dato un equivalente supplemento di vit. A. In un altro studio su scolari dopo 30 giorni con l’olio di palma vergine il retinolo era raddoppiato e il β-carotene triplicato (Manorama e Rukmini 1992, 1994, 1997). Peccato, solo, che l’olio vergine rosso sia richiesto dall’industria meno di quello raffinato, perché “macchia” i prodotti alimentari chiari e ha una minor durata. E’ preferibile quindi l’uso individuale.
      E L’OLIO DI PALMISTI? E’ DIVERSISSIMO: NON ANDREBBE MAI CONFUSO CON L’OLIO DI PALMA. Le norme non sono chiare e i produttori in tutto il Mondo ne approfittano, indisturbati, per mescolare spesso all'olio di palma l’olio di palmisti, cioè l’olio del seme del frutto della palma, che è un grasso completamente diverso per composizione, aspetto (è bianco, non avendo i carotenoidi) e gusto, e assomiglia molto all’olio di cocco. Nella tabella in alto l’olio di palmisti ha quasi il doppio di a.g. saturi dell’olio di palma (82%), un’enormità, e appena il 15% di monoinsaturi. Dovremmo ottenere leggi internazionali che vietino ai produttori di mescolare due grassi così diversi dal punto di vista nutrizionale e dei rischi per la salute, palma e palmisti, senza denunciarlo in etichetta, specificando anche il contenuto percentuale in acidi grassi della miscela. Per fortuna nella sfortuna, però – ecco un altro paradosso a sorpresa – gli a.g. saturi dell’olio di palmisti pur essendo sovrabbondanti sono migliori qualitativamente di quelli dell’olio di palma: hanno poco acido palmitico (6,5-9%) e per lo più a.g. saturi a catena media come il laurico (47-51,5%) e il miristico (15,5-17%) che sono piuttosto neutri, cioè non provocano danni ateromasici e ipercolesterolemici nell’organismo (v. per una conferma anche la review in Appendice).  E’ sbagliato dire “grassi saturi” in generale per dire il peggio da criminalizzare. Bisogna vedere i dettagli, cioè l’intera dieta, e le quantità in cui i diversi acidi grassi saturi sono presenti in ciascun grasso (di palma, di palmisti, di cocco, lardo, strutto e burro). E a proposito degli a.g. saturi si deve sempre distinguere tra a.g. saturi a catena corta (protettivi), a catena media (secondo alcuni, neutri), e a catena lunga (dannosi). 
      UNA REVISIONE CRITICA dei 51 precedenti studi più controllati e documentati sugli effetti cardiovascolari dell’olio di palma sull’uomo è stata condotta di recente da ricercatori italiani e pubblicata dalla più importante rivista di nutrizione clinica. L’obiettivo, però, era soltanto valutare vantaggi o svantaggi d’una eventuale sostituzione dell’olio di palma con altri grassi alimentari (e per lo più con acidi grassi puri, che nessuno consuma isolati: altro limite) sui valori lipidici nel sangue collegati alle malattie coronariche e cardiovascolari CHD/CVD (coronaropatie, infarti, ictus cerebrali ecc.). I risultati sono stati differenziati a seconda dei marcatori e quindi contraddittori. Quando l’olio di palma è stato sostituito con altri grassi alimentari, saturi, monoinsaturi o polinsaturi, nei marcatori di rischi cardiovascolari si sono verificati cambiamenti sia favorevoli sia sfavorevoli. E cambiamenti solo favorevoli quando l’olio di palma ha sostituito gli acidi grassi trans-saturi (margarina). Dagli studi si è visto che l’olio di palma può produrre sia cambiamenti favorevoli che sfavorevoli rispetto ad altri acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Perciò, non appaiono vantaggi univoci e significativi nell’eliminare dai prodotti alimentari l’olio di palma e sostituirlo con altri grassi, anche quelli ritenuti, a torto o a ragione, “più sani”. Non c’è un collegamento, insomma, tra la sostituzione dell’olio di palma e la riduzione della mortalità cardio-vascolare. C’è invece necessità di ulteriori ricerche comparative e molta cautela nel formulare politiche che promuovano alcuni grassi specifici al posto di altri per la popolazione generale e tra Paesi. Per queste scelte ci vorrebbero dati certi di robusta evidenza sugli effetti sulla salute e sulle conseguenze socio-economiche. Che oggi non ci sono (Fattore et al. 2014).
      Ma, a proposito di come è stato divulgato questo studio, un caso grave di “manipolazione mediatica”, ha denunciato L. Capone nella sezione Scienza e Razionalità di Strade (“No, l’olio di palma non fa male alla salute”). Infatti “Il Fatto Alimentare, il sito che aveva promosso la petizione e la campagna contro l'olio di palma, ha pubblicato un articolo in cui i risultati dello studio condotto da Elena Fattore vengono ribaltati e in cui si dice che l'olio di palma fa male alla salute perché aumenta la concentrazione di grassi nel sangue e i danni cardiovascolari. Una manipolazione a cui la stessa Fattore ha risposto con una dura lettera. L'olio di palma – ha scritto la ricercatrice dell'Istituto Mario Negri al Fatto Alimentare – ha permesso di sostituire le margarine, il che non è poco. E in quanto all’acido palmitico, “è uno dei principali acidi grassi presente negli esseri viventi e il principale acido grasso presente nel latte materno [il 25% circa degli acidi grassi, precisiamo noi], quindi una sostanza che è veramente difficile definire tossica”. Ecco perché - aggiungiamo ancora - il latte artificiale per neonati per imitare quello materno è addizionato di olio di palma. E la Fattore così continua: “Vorrei fare notare che la descrizione da voi pubblicata non riflette assolutamente il contenuto e i risultati riportati nello studio originale. I risultati dello studio, al contrario, indicano che quando l'olio di palma viene sostituito agli altri principali grassi o oli presenti nella dieta non vi sono delle evidenze scientifiche solide di un suo ruolo negativo per quanto riguarda il rischio di malattie cardiovascolari. Il nostro studio è stato interpretato in maniera non corretta”.
      EPIDEMIOLOGIA. Se la campagna terroristica anti-palma fosse fondata, in estremo Oriente dove l’olio di palma si usa molto ci sarebbe un’ecatombe da malattie cardio-vascolari. E invece, no: i primi Paesi in classifica sono Russia e Europa dell’Est, mentre il Sud-Est asiatico è tra le ultime posizioni. Malesia e Indonesia non sono prime per rischi neanche tra il ristretto numero dell’Asia del Pacifico: la Malesia, a lungo primo produttore al Mondo e ora secondo, e grande consumatore di olio di palma, tra i dieci Stati dell’Asia del Pacifico è ultima per ipertensione (6,3% tra i maschi, prima è Nuova Zelanda con 23,2%) e ultima in decessi per malattie circolatorie totali (CHD, CVD ecc): 69 su 100 mila, maschi, mentre la Nuova Zelanda è prima con 335 (Khor 1997).
      E QUELLO RAFFINATO (E “BIFRAZIONATO”)? ROVINATO DALLE ALTE TEMPERATURE. E' l'olio più diffuso ovunque, in Oriente anche in casa, in Occidente solo da friggitorie, snack-bar e industria alimentare. Pur continuando ad avere dal punto di vista puramente chimico-nutrizionale un buon rapporto tra gli acidi grassi che lo rende in cottura meno ossidabile del burro, a causa delle alte temperature della raffinazione perde gran parte degli antiossidanti acquista invece contaminanti da raffinazione tipici delle alte temperature. Sul piano produttivo-industriale, legislativo e commerciale, quindi, i problemi ci sono, eccome. 
      Quindi, in questa versione liquida e trasparente per l’industria, le rosticcerie e i ristoranti popolari, è un olio deodorato e decolorato, quindi con antiossidanti molto ridotti o assenti (carotenoidi, tocoferoli e tocotrienoli), ma anche modificato selettivamente nella sua composizione in acidi grassi, insomma ormai del tutto artificiale, che ovviamente lascia contrarissimi noi amanti degli alimenti semplici e naturali (e la prima caratteristica del naturale è l’immediata “riconoscibilità” estetica e organolettica), cioè così come Natura li ha prodotti. Una curiosità sul piano aridamente nutrizionale è che il frazionamento riesce addirittura a migliorare in molti casi il buon rapporto acido palmitico/acido oleico, cosicché la cosiddetta palm olein o “Oleina” da friggitorie ha una composizione nutrizionale del tutto accettabile, con grassi saturi ancora più ridotti (37%) e addirittura la prevalenza degli a.g. monoinsaturi (41.1%), oltre al 13.5% di polinsaturi. Peccato, ripetiamo, che per questo sia stato sottoposto a raffinazione chimica frazionata, con un procedimento altamente tecnologico che lo priva, proprio come accade a tutti gli oli di semi, dei suoi preziosi antiossidanti. 
      Non la Natura (cioè l'olio di palma naturale in sé), ma la successiva raffinazione industriale ad alta temperatura, come per tutti i grassi, genera nuove sostanze chimiche contaminanti che, per quanto ridotte anno dopo anno per le maggiori precauzioni prese dai produttori (negli ultimi cinque anni nell'olio di palma sono state dimezzate), pure sono ancora preoccupanti in tutti gli oli raffinati, a partire da quelli di palma, ma anche di soia, arachide, girasole ecc. e nelle margarine, per la presenza di mono-cloro-propandiolo, glicidolo e loro esteri sospetti di cancerogenicità, secondo un dettagliato studio scientifico dell’autorità europea sugli alimenti EFSA (qui il comunicato stampa divulgativo). A rischio sono i bambini che consumano sempre più merendine, dolci e alimenti industriali per l'infanzia (perciò le mamme sono avvertite: tornino alle pappine fatte in casa, da condire con olio di oliva vergine), ma anche giovani e adulti di ogni età se sono grandi consumatori di alimenti industriali. Questo conferma ancora una volta il vecchio e sempre valido suggerimento naturistico di consumare il meno possibile merendine e prodotti alimentari industriali, e di consumare solo oli di prima spremitura a freddo o a basse temperature (come l’olio di oliva vergine) e, per chi volesse provare per curiosità l’olio di palma, di limitarsi a quello rosso e grezzo al naturale, più raro ma ugualmente reperibile sul mercato internazionale, che ha attività antiossidanti e vitaminiche.
      MORALE DELLA FAVOLA. Un recente Simposio della Nutrition Foundation of Italy, che aveva riunito esperti in rappresentanza di società scientifiche mediche e nutrizionali italiane, ha convenuto su quattro punti fermi: 1. “Non esiste nessuna prova di effetti specifici sulla salute del consumo di olio di palma rispetto ad altri grassi ricchi di acidi grassi saturi”; 2. “La distribuzione stereospecifica dei acidi grassi saturi nella molecola di trigliceridi dell'olio di palma limita il loro tasso di assorbimento e gli effetti metabolici”; 3. “In accordo con le linee guida internazionali, l'assunzione di acidi grassi saturi dovrebbe essere mantenuta inferiore al 10% dell'energia totale, all'interno di una dieta equilibrata”; 4. “Entro questi limiti, nessun effetto del consumo di olio di palma sulla salute umana (e in particolare sul rischio di malattie cardiovascolari o cancro) può essere previsto” (Marangoni et al. 2017).
      Ciò detto, il presente articolo non consiglia né sconsiglia l’olio di palma. L'olio di palma è un grasso come altri, dannoso in eccesso rispetto ai fabbisogni, non dannoso in sé, se non per eventuali sostanze prodotte dalle alte temperature della raffinazione, che però si possono sempre ridurre (e pare che l’industria le stia riducendo sempre più). Per noi Occidentali è tipicamente d’uso industriale, non casalingo, quindi non deve interessare se non accidentalmente i consumatori salutisti e naturisti. Però, dal punto di vista nutrizionale e del rischio cardiologico, perfino raffinato, usato nel junk food o cibi spazzatura dell’industria alimentare (merendine, biscotti, crackers, patatine fritte, creme spalmabili, dolci, dadi per brodo ecc.) e nelle friggitorie e dell’industria alimentare al posto della margarina, per conservare i prodotti più a lungo senza produzione di radicali liberi e irrancidimento, e perciò senza dover ricorrere ad additivi chimici conservanti tipo BHT (come invece accade per prodotti da forno, panettoni, torte dolci e biscotti, che vantano burro o olio di girasole-oliva senza che nessuno protesti; come mai?), l'olio di palma è un grasso utile e interessante che non va criminalizzato, e anzi ha un suo indubbio ruolo positivo, perché sostituisce la dannosa margarina ricca di a.g. trans-saturi, si deteriora pochissimo, quindi non produce radicali liberi, e perciò non provoca rischi più alti, ma semmai più bassi. L'eventuale presenza di contaminanti da processo industriale (alte temperature) difetto che riguarda anche tutti gli altri oli di semi raffinati, che ne hanno di meno però in Italia ed Europa sono consumati centinaia di volte più dell'olio di palma, aggiunge un teorico, potenziale, piccolo, rischio cancerogeno solo nei grandi consumatori, non certo nei consumatori occasionali. Questa, riteniamo, debba essere una corretta posizione scientifica, laica e pragmatica, quindi vera, che riguarda ovviamente la massa degli acquirenti, compresi coloro che non sanno fare a meno dei prodotti industriali.      
      Gli altri consumatori, i naturisti e salutisti esigenti, siano invece più severi, tenendosi lontani per quanto possibile da tutti i cibi industriali, sia che contengano, sia che non contengano l'olio di palma, che è davvero un falso problema. I prodotti alimentari industriali, infatti, sono cibi a rischio, e non perché dotati di olio di palma, ma di troppi zuccheri, farina raffinata, sale, conservanti e grassi, qualunque sia il tipo di grasso, compresi gli oli di girasole, soia e oliva, anche se al limite fossero biologici o spremuti a freddo. Invece, molto più interessante, perfino per naturisti e salutisti, è di per sé, purché non inserito in prodotti industriali o raffinati, l’olio vergine di palma o red palm oil, che pure con un po’ di abilità si trova in commercio: è addirittura protettivo sul piano cardiovascolare, e un potente vitaminizzante e antiossidante grazie all’altissima concentrazione di antiossidanti, polifenoli e vitamine (vitamine A,E). Può certamente essere provato di tanto in tanto, anche per curiosità.
      BILANCIO NEUTRO O LEGGERMENTE POSITIVO. Come si vede, pur nell’inevitabile slalom della ricerca scientifica tra composizione degli alimenti e lati oscuri delle tecnologie industriali, con continui "ma", "tuttavia" o "nei limiti in cui", alla fine il bilancio salutistico dell’olio di palma è sostanzialmente neutro, come per gli altri oli vegetali, con rischi solo per i grandi o abituali consumatori di olio raffinato ad alte temperature; mentre è addirittura buono o ottimo per quello vergine. Perciò ogni boicottaggio generalizzato è del tutto ingiustificato sul piano nutrizionale, tanto più da parte della stragrande maggioranza di ristoratori che cuociono con abbondanti oli di semi raffinati, o da parte di gastronomi e dilettanti che usano in cottura il burro (perfino 200 g in una torta dolce!) o che cucinano regolarmente quasi tutte le ricette salate, i soffritti e i fritti con oli di semi o di oliva, soggetti – a differenza dell’olio di palma – a dannose perossidazioni lipidiche e a produzione di sostanze tossiche e cancerogene al momento della cottura, anche casalinga. A tutti loro un consiglio: cercare di eliminare dalle ricette, che in realtà sono quasi tutte moderne e storicamente improbabili, gli eccessivi e dannosi grassi cotti, a cominciare proprio da burro, oli di semi e di oliva, anziché preoccuparsi dei rari grammi di olio di palma presenti in prodotti industriali che non dovrebbero neanche consumare, se davvero sono così salutisti, tanto meno far consumare ai propri bambini.
      Altro che campagna nutrizionale italiana contro l’olio di palma! Servirebbe piuttosto una campagna mondiale contro l'eccesso di grassi e condimenti grassi in genere. E ancor più contro il sale in eccesso. E più ancora contro lo zucchero, i cibi raffinati e industriali come farina bianca, pane bianco, riso bianco raffinato, pasta bianca, prodotti da forno e biscotti, caramelle, pasticceria varia, marmellate, bevande dolci da bar ecc. Questi zuccheri e carboidrati raffinati davvero incidono sulla nostra salute in modo distruttivo, ben più degli stessi grassi, perché "calorie vuote" prive di sostanze protettive, oltretutto in largo eccesso rispetto alle scarse nostre esigenze energetiche di sedentari. Ma non basta: per crudele, divertente, beffardo paradosso, nel silenzio e nell’indifferenza ignorante o in malafede dei soliti firmatari di appelli, questi cibi spazzatura industriali e raffinati da tutti consumati producono ogni giorno nel nostro corpo, per mezzo del meccanismo biologico della de novo lipogenesis la sintesi da zero di acidi grassi nel fegato, con formazione di depositi di adipe poi difficili da eliminare, a cominciare proprio da quell’acido grasso palmitico che si rimprovera ipocritamente al pochissimo olio di palma presenti nei prodotti alimentari, ma non al latte materno, né all'olio di oliva che noi consumiamo spesso in eccesso, che ne sono ricchi, tanto meno alle troppe pastasciutte, pizze, marmellate e bibite dolci che lo sintetizzano ogni giorno nel nostro corpo anche quando non consumiamo olio di palma (NICO VALERIO)
      L'articolo presente di Nico Valerio ha il seguente indirizzo web: http://alimentazione-naturale.blogspot.it/2012/09/olio-di-palma-meno-rischioso-del-burro.html
RIFERIMENTI
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RUSSELL JB, KING B, DOWNES MJ. Composition of oil. J Am Oil Chem Soc 1985. 62,221.
STRAARUP EM, LAURITZEN L, FAERK J, HOY CE, MICHAELSEN KF, The stereospecific triacylglycerol structures and fatty acid profiles of human milk and infant formulas. J Pediatr. Gastroenterol. Nutr. 2006, 42, 293-299.
SUNDRAM K, HORNSTRA G, HOUWELINGEN AC, KESTER ADM. Replacement of dietary fat with palm oil: effect on human serum lipids, lipoproteins and apolipoproteins. Br J Nutr 1992, 68, 671-692.
VOON PT, NG TKW, LEE VKM, NESARETNAM, K., Diets high in palmitic acid (16: 0), lauric and myristic acids (12: 0þ 14: 0), or oleic acid (18: 1) do not alter postprandial or fasting plasma homocysteine and inflammatory markers in healthy Malaysian adults. Am. J. Clin. Nutr. 2011, 94, 1451-1457.

IMMAGINI. 1. Frutti di palma da olio tagliati in modo da mostrare sia la polpa, intensamente colorata perché ricca di carotenoidi e polifenoli antiossidanti, sia i bianchi noccioli (cioè i palmisti) che invece ne sono privi. Ma le due parti sono ben diverse anche nella composizione in acidi grassi. 2. Tabella di confronto nutrizionale tra i grassi comuni in Europa più ricchi di a.g. saturi. 3. Olio di palma liquido giallo-rossastro, leggermente raffinato. 4. Ciotola con grasso di palma allo stato solido e grezzo, ricchissimo di carotenoidi e vitamina E tocoferolo-tocotrienolo. 5. Olio di palma vergine o Red palm oil in barattolo di vetro.“All Natural Pure Palm Oil” si legge sull’etichetta. Non è salsa di pomodoro: il colore intenso tradisce l’altissima percentuale di carotenoidi antiossidanti e coloranti polifenolici. 6. Tabella di composizione semplificata dell’olio di palma vergine “Red palm oil”. 7. “Burro vegan”, ovvero olio di palma solido in panetto: assomiglia per aspetto al burro, e non contiene margarina. Può essere anche “biologico”. 8. Palm olein, olio di palma raffinato, deodorato e decolorato. Ecco, ormai liquido e trasparente come i nostri oli di semi, come si presenta l’olio di palma per gli usi industriali e commerciali più comuni (prodotti alimentari industriali e artigianali – come la pasta fresca e farcita, le friggitorie ecc.). E’ quello più economico, mentre il red palm oil è più raro e costoso.
AGGIORNATO IL 15 APRILE 2021

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77 Comments:

Anonymous Tatiana said...

Stupenda precisazione. era ora che qualcuno ci dicesse la verità fuori della politica o delle antipatie verso le multinazionali.

1 settembre 2012 alle ore 16:50  
Anonymous Monica said...

Molto interessante, come sempre.
Grazie

1 settembre 2012 alle ore 22:13  
Anonymous Ing.Anders said...

Grande! Hai sfatato anche questa mistificazione, che era diventata ormai leggenda...

2 settembre 2012 alle ore 23:58  
Anonymous Roberto said...

E se per le poche (sof)fritture usassimo il burro chiarificato? magari fatto in casa? Poi, caro Nico, avrei un'altra curiosità: davvero l'olio di sesamo è altamente ossidabile? Fino ad oggi ho pensato di no, ma più che altro fidandomi di gusto e olfatto (miei).
Grazie.

4 settembre 2012 alle ore 14:59  
Blogger Nico Valerio said...

Ma Roberto pensi di morire a usare per la cottura l'olio di oliva extra? E' il meno peggio (se ti ripugna anche solo l'idea di acquistare strutto o olio di palma). Il sesamo ha pochi a.g. saturi e molti polinsaturi (40% ca), quindi è facilmente ossidabile, anche se non è il più ossidabile (che sono vinacciolo e cartamo: 70%!). Il burro ghee era utile ai nomadi con quel caldo infernale, ma noi abbiamo clima temperato e frigoriferi. Insomma, è pur sempre trattato col calore, cotto, quindi c'è degradazione degli a.g. polinsaturi. E certo che dopo si ossida di meno: si è già degradato!

4 settembre 2012 alle ore 15:26  
Anonymous Michela said...

Finalmente è tutto più chiaro! Bell'articolo che soddisfa ogni aspetto della questione.
Non vedo l'ora di avere tra le mani il tuo manuale nuovo e aggiornato. Buon lavoro!

7 settembre 2012 alle ore 17:16  
Anonymous eugenio said...

Vorrei un chiarimento riguardo l'olio di cocco che dall'articolo risulta irrimediabilmente bocciato.
Ho letto da qualche parte che tra gli acidi grassi saturi bisogna distinguere quelli a "catena media" da quelli a "catena lunga". I primi (quelli a catena media)non inciderebbero sul rischio cardio vascolare al contrario dei secondi. Da questo punto di vista essendo formato prevalentemente da "acidi grassi a catena media", l'olio di cocco non sarebbe particolarmente dannoso perlomeno non più del burro che però ha un'"accettazione sociale" molto più alta.
Grazie
Eugenio

11 settembre 2012 alle ore 10:59  
Blogger Nico Valerio said...

Anche il cocco è accettato psicologicamente nei Paesi tropicali. La distinzione tra a.g. a catena lunga, media e corta è importante, e infatti ne parlo a proposito di palma e burro, perché il confronto è più stridente. L'olio di cocco non è diffuso e non viene usato nelle famiglie europee, e al massimo ci puà essere nel mix di oli vegetali dei prodotti industriali. Tutto vero sulla distinzione tra a.g. saturi, ma la SOMMA TOTALE dei saturi, quando è davvero alta, ha la sua importanza predominante nelle statistiche epidemiologiche, che nella loro essenzialità e rozzezza parlano solo di "saturi", collegandoli a maggiori rischi. Dopodiché, un dolcetto al cocco ogni tanto, meglio se non troppo zuccherato, e una fetta di cocco fresco, fanno bene "allo spirito". Ma infatti, la morale della favola non è la criminalizzazione di palma e cocco, il cui uso in Occidente sarà sempre modestissimo, quanto una riconsiderazione del troppo usato e ubiquitario burro! A cominciare dal nostro panettone!

11 settembre 2012 alle ore 15:14  
Anonymous Matteo said...

Ciao. Interessante articolo da leggere attentamente. Volevo dirti che il link allo studio di Sundram e Hornstra (Cambridge journal) non è corretto. Ciao

12 settembre 2012 alle ore 12:08  
Blogger Nico Valerio said...

Grazie, il link è ora funzionante

12 settembre 2012 alle ore 13:40  
Anonymous Claudio Patrucco said...

Finalmente trovo una seconda persona che dice come stiano le cose. Un’altra sono io e mi creda non sono in molti quelli che la pensano così. Volevo quindi ringraziarla per quello che ha scritto.
Claudio Patrucco

17 ottobre 2012 alle ore 13:15  
Anonymous Claudio Patrucco said...

Indubbiamente la storia dell’olio di palma è una storia meramente politica ed economica, partita dagli USA, con mezze verità artefatte e di parte. Ma tant’è, la TV e la stampa le hanno sempre veicolate in modo inadeguato e fuorviante, creando così una falsa informazione su un prodotto che ha di che brillare, nel mondo alimentare industrializzato.
Lavorando nel settore alimentare bio da oltre trent’anni, non mi è mai sfuggita la questione dell’olio di palma tra le sostanze grasse utilizzabili industrialmente e ne ho fatto oggetto di ricerca presso l’Istituto delle Sostanze Grasse di Milano, proprio per dimostrare, contro corrente, che quanto si diceva in giro era semplicemente falso e tendenzioso. Nel mondo del bio qualcuno mi ha odiato per questo, perché molti anni fa il semplice fatto di essere tra ‘gli eletti’ del bio dava l’autorizzazione a dire cose senza alcun rigore e senza alcuna seria ricerca. Così, contestare con un minimo di ricerca scientifica affermazioni di personaggi che ritenevano di avere il ‘verbo’ solo tra le loro mani, ha creato un certo dissidio, con delle figure imbarazzanti, come accadde al SANA di almeno 12 anni fa in un convegno sulle sostanze grasse e sull’olio di palma. Devo dire: memorabile! Forse nell’archivio del SANA ne avranno traccia, se hanno registrato il convegno.
Claudio Patrucco

17 ottobre 2012 alle ore 13:17  
Anonymous Anonimo said...

Appreciation pro this article. Present are categorically tips participating in at this juncture to I choice benefit.

21 ottobre 2012 alle ore 01:51  
Anonymous Anonimo said...

Hi, was just going through the google looking for good info and stumbled across your website. I am stunned at the design that you've on this site. It shows how you appreciate this subject.

27 ottobre 2012 alle ore 04:11  
Anonymous Nembo said...

Da incorniciare.

8 novembre 2012 alle ore 16:53  
Anonymous Anonimo said...

Ricerca interessante.....

11 dicembre 2012 alle ore 17:53  
Anonymous Anonimo said...

http://www.orangutans-sos.org/campaigns/palm_oil_and_biofuels/

Qui per vedere lo scempio ambientale per la produzione di olio di palma... deforestazione e massacro di oranghi e altri animali

11 giugno 2013 alle ore 01:02  
Anonymous Anonimo said...

Intanto le foreste dell'indonesia continuano a bruciare, e nel Congo 170mila ettari di foresta stanno per essere sacrificati a questo grasso. Ma sì, che ce frega, diventeranno come la Liguria.

25 giugno 2013 alle ore 13:40  
Anonymous Clarissa Lupi said...

Credo che ogni condimento, a seconda dei gusti personali e delle ricette che si intendono realizzare, possa andare bene purché usato con moderazione. In particolare io preferisco evitare i cibi fritti e dove possibile utilizzare i condimenti a crudo. A mio avviso il burro andrebbe utilizzato con parsimonia ma non è da escludere dall'alimentazione in quanto è un prodotto che contiene le vitamine del latte e non subisce particolari trattamenti chimici oltre a non avere l'aggiunta di sostanze artificiali.

18 novembre 2013 alle ore 15:11  
Blogger Nico Valerio said...

Clarissa, un ragionamento sensato. Però non tutti i condimenti, sia pure naturali e crudi, sono uguali. La Natura non è stata fatta per l'Uomo, e dunque dobbiamo selezionare, preferire e anche talvolta escludere, soprattutto se l'uso è frequente.

18 novembre 2013 alle ore 15:31  
Anonymous Anonimo said...

Hi i am Rafi. Im from Cech Republik. Wery nice forum. Bye

11 gennaio 2014 alle ore 13:29  
Anonymous Pia dei Tolomei said...

Grazie, davvero illuminante. Mi hai scioccata, ma poi convinta.

1 marzo 2014 alle ore 11:11  
Anonymous Chiara said...

Una domanda sulla conservazione casalinga dell'oliodi oliva extravergine: puó andare bene un'oliera ma non di vetro, di metallo ? E conservarlo in frigo? Grazie per il suo intervento e la risposta

2 aprile 2014 alle ore 15:05  
Blogger Nico Valerio said...

Chiara, siamo fuori tema. L'olio in frigo non si è mai visto. Nel congelatore comunque no, perché dopo la scongelazione si rovina e si decompone. Ma anche nel frigo a 4°C c'è il rischio che congeli (a 3-4°C molti oli di oliva congelano). In più si perderebbero profumo e gusto. L'olio va conservato al fresco (15-18°C circa), non al freddo, al buio (vetro scuro e-o foglio di alluminio) e chiuso bene con tappo a vite. In cucina fa troppo caldo e c'è troppa luce per l'olio. Dimentica l'oliera. A meno che non abbiano inventato una oliera di vetro scuro con tappo a vite. Non vedi che al ristorante presentano in tavola la bottiglietta di olio in vetro verde scuro? Sempreché si tratti di un olio buono o medio... Se è un oliaccio da 3-4 euro al litro puoi fare quello che vuoi. In quanto al metallo, solo se è acciaio inox. Ma resta il problema aria-ossigeno. Le oliere di acciaio sono a tappo di sughero, mi sembra, e non va bene. In sintesi ti suggerisco bottigliette piccole scure con tappo a vite (come si vedono al supermercato) da lasciare nel locale meno caldo della casa (corridoio, armadio a tenuta di luce in terrazzo, dove c'è vento e non batte il sole, perfino in bagno se è interno e dà su un cortile fresco!). Da portare in tavola quando serve (e da riporre a fine pasto).

2 aprile 2014 alle ore 17:47  
Blogger Unknown said...

Da notare che per un certo periodo , dal 2010 al 2012 mi sono occupato di importare olii vegetali da ..bruciare nei cogeneratori ... ! Ora il più economico risulta essere proprio la palma che si aggira tra i 300 e i 500 dollari a tonnellata e in un ettaro assolato rende ben 6 tonnellate di prodotto contro 1 ad esempio della colza.
Ed e' il condimento più in uso laddove riecono a produrlo, praticamente mezzo mondo. Peccato che per arrivare a noi, date le distanze, generalmente percorse via nave... ci metta tanto di quel tempo, che inevitabilmente rancidisce, tanto da non essere più utilizzabile nemmeno da bruciare per la porcheria in cui si trasforma!!!
Solitamente si preferisce, come in tutti i casi di olii vegetali, RAFFINARLO.. si stabilizza e fa pure da conservante... al pari del gasolio per autotrazione, insieme al quale appunto vengono trattati la maggioranza degli oli di semi : in raffineria. E andatevi a vedere quali trattamenti subisce ..poi ne parliamo ...di genuinita'???!!!

29 giugno 2014 alle ore 13:47  
Blogger Nico Valerio said...

Ugo, grazie dell'informazione sull'uso come combustibile. Sui danni della raffinazione eravamo stati duri e chiarissimi, mi pare. Comunque adesso ho messo alcune parole chiave in neretto: vediamo se i lettori equivocano ancora.

29 giugno 2014 alle ore 15:00  
Anonymous Anonimo said...

Buongiorno. Premetto che ho tre bimbi piccoli e sto cercando di alimentarli al meglio... articolo interessantissimo... avevo iniziato a demonizzzare olio di palma!Tre domande:
1)Per i dolci fatti in casa e cotti con il forno quale olio è meglio usare? 2)nei dolci é sempre meglio sostituire il burro con olio?
3) se compro merendine e biscotti indistriali (non sempre ho tempo di farli a casa!), a questo punto, è meglio quelli con olio di palma o con olio di girasole o extravergine di oliva (per tutto il discorso che si deteriorano..)?
Grazie mille!!!

3 ottobre 2014 alle ore 14:28  
Blogger Nico Valerio said...

Cara amica, l'articolo è soprattutto scientifico e in pratica vanno valutati tutti i "se", "ma" e "tuttavia", cosa che pochi lettori fanno. In pratica sostituisca pure nelle cotture il burro con l'olio di oliva. E perché no, per curiosità, se trova un barattolino di grasso di palma solido non raffinato (ha anche striature rossastre) può usarlo di tanto in tanto, per dire di aver provato tutto. Magari se fa dolcetti (come praline di cioccolato, crema tipo Nutella spalmabile fatta in casa e dolci morbidi) che vanno conservati in casa a temperatura ambiente e a lungo nelle caratteristiche scatole di metallo. Ma quello raffinato e semi-trasparente, simile a olio di semi, che oggi usano molte friggitorie, come dico nell'articolo, non glielo consiglio: molto meglio quello di oliva. Ma bisogna friggere di rado... Per i dolcetti o biscotti acquistati, la regola non è tanto discriminare questo o quel grasso (per consumi minimi e sporadici le differenze non incidono), ma cercare di... non acquistarli proprio, e semmai farli da sé, ma soprattutto di non consumarli se siamo adulti e quindi soggetti al sovrappeso e a sedentarietà. I dolci per noi adulti sono veramente un inutile di più. Per i piccoli, capisco che possano servire. Ma è facilissimo farli in casa (con olio in piccole quantità in modo da non doverli conservare a lungo a 20°C dei nostri appartamenti). Del resto nessuno vieta per l'uso casalingo di conservare una piccola busta ermetica di biscotti in frigorifero. Se uno è ossessionato dalle... ossidazioni dei grassi polinsaturi... Però ricordiamoci, dopo tutte le cautele e restrizioni che le ho suggerito, che nella nostra dieta gli ANTIOSSIDANTI (che ci sono, ci devono essere, e in abbondanza) servono proprio a questo: a difenderci dai radicali liberi e dallo stress ossidativo dei grassi. Ecco polifenoli e vitamine antiossidanti al lavoro...

3 ottobre 2014 alle ore 17:54  
Anonymous Anonimo said...

Gentilissimo, molto interessante...sebbene un articolo di recente pubblicazione (è una metanalisi) mostra cose un po' diverse..

http://www.oeaie.org/content/uploads/2014/08/Fattore2014_Palm-oil-and-blood-lipid%E2%80%93related-markers-of-cardiovascular-disease.pdf

11 dicembre 2014 alle ore 16:21  
Blogger Nico Valerio said...

Grazie Anonimo, davvero, questa recentissima review mi era sfuggita finora, ma l'avrei trovata prima o poi. Per la fretta hai letto male: solo il background, anziché i risultati e le conclusioni. La importante review italiana comprova totalmente il mio articolo, e l'ho inserita nel testo con tutti gli onori. Anche perché stravedo per i nostri bravi ricercatori.

12 dicembre 2014 alle ore 16:56  
Anonymous fiorella said...

articolo molto interessante, ma credo che sia poco sottolineato il problema del tipo i olio di palma contenuto in qualsiasi preparazione industriale. ne parlate solo a tratti, in pochi trafiletti dopo lunga dissertazione sulla sua bonta'. è cosi' per l'olio di palma che per tutti gli altri oli. l'importante nonè che il consumatore impari a memoria le tabelle di grassi saturi, insaturi, radicali liberi, ma che venga messo in condizione di sapere che l'olio di palma raffinato è quello piu' usato e piu' schifoso. quindi approvo la campagna contro l'olio di palma e continuero' a boicottare tutti i prodotti che lo contengono. augh! grazie per l'attenzione

17 dicembre 2014 alle ore 10:34  
Anonymous isabella said...

Condivido ciò che ha postato Fiorella. Aggiungo che si parla molto di prodotti industriali e di olio di palma senza specificare che nei prodotti stessi è usato l'olio di palma bifrazionato che non contiene le stesse sostanze protettive dell'olio di palma non trattato (la stessa differenza che può esserci tra un nostro olio evo, ottenuto per spremitura a freddo e posto in contenitori di acciaio inossidabile con relativo rubinetto in un luogo fresco (quindi in situazione ottimale di conservazione, ed un olio di oliva (in genere ottenuto attraverso separazione con agenti chimici, imbottigliato in vetro trasparente ed esposto nel trasporto, stoccaggio ed esposizione in negozio a temperature e luce certamente non ottimali.
Purtroppo questo olio bifrazionato è contenuto in molti degli olii di semi per friggere, anche quelli delle migliori marche! Quindi chi usa a casa questi olii (e non l'olio evo) pensando di fare fritti più leggeri, dovrebbe invece essere messo a conoscenza che sta assumendo grassi che, anche se in minor quantità di quelli contenuti ne burro, si depositeranno nelle arterie.

18 febbraio 2015 alle ore 12:06  
Blogger Nico Valerio said...

Giusto: le due lettrici (ultimi due commenti) non possono vedere l'olio raffinato. Tantomeno noi che su questo concetto della non-raffinazione ci abbiamo scritto libri, articoli e blog. Solo, per un senso di giustizia... scientifica e di buonsenso, raffinati lo sono anche TUTTI gli oli di semi, non solo quello di palma più economico usato dalle friggitorie (che non usano certo quello grezzo rossastro ricco di antiossidanti, figuriamoci). E allora? D'altra parte anche le nonne delle due lettrici friggevano o in alcuni casi friggono tuttora con lardo e strutto o burro (e il burro cotto sta in ogni "bella e sana" torta dolce che le appassionate di dolci si tramandano sui ricettari e su internet. Ripeto: e allora? D'accordo per lo sdegno per la distruzione delle foreste in Asia (uno sdegno un po'ipocrita, perché al solito riguarda popoli lontani: non ricordo un simile sdegno quando NOI abbiamo distrutto i nostri boschi, anzi tuttora la casalinga media italica è la prima a far tagliare un albero davanti casa, se le "toglie luce" o "fa cadere le foglie" o "attira gli insetti"). D'accordo su tutto. Ma non si venga a dire, dicendo il falso, che l'olio di palma è un veleno, fa venire il cancro o gli infarti. Non è vero. Si tratta solo di una campagna politica. Però le campagne politiche (anche noi le amiamo) vanno fatte se si hanno argomenti seri e scientificamente validi. E comportamenti alimentari coerenti!

18 febbraio 2015 alle ore 16:16  
Blogger Unknown said...

Ribadisco...purtroppo l'olio in commercio . di semi e' praticamente tutto raffinato. E non si capisce come mai non e' obbligatorio indicare in etichetta se e' vergine o raffinato, come per l'olio di oliva!!!???Gia' questo e' sospetto...e girando per Germania e Francia non ho trovato olio di semi in nessuna briosche obbiscottobo preparato, alla faccia degli industriali italiani che dicono che non sanno con cosa sostituirlo!! Trovatemi un biscotto o un cornetto industriale italiano che non ne contenga.Trasformare porcheria in Oro e' una delle genialita' nostrane, e poi abbiamo problemi su come piazzare il latte dei nostri allevatori.Persino in Usa hanno multato una nota marca di coccolato perche' spacciava l'olio di palma ..raffinato..come genuino!!! Ditemi voi..o gli altri paesi evoluti sono tutti autolesionisti che si privano di una tale bonta o qualcuno in Italia ci marcia, attentando alla salute collettiva. La storia si ripete, dopo il vino , anche l'olio e' oggetto di speculazione senza scrupoli.

26 febbraio 2015 alle ore 21:34  
Anonymous Anonimo said...

Grande Nico, finalmente chiarezza! Uso anch'io olio di palma per lavoro, in tanti anni di prove ed esperimenti nel mio laboratorio alimentare non ho mai trovato un degno sostituto del Palma, proprio perché di qualità superiore rispetto ai grassi di origine animale piuttosto che oli di semi...
Per le persone che boicottano il palma.. Ignoranza, non conoscenza dell'argomento e panzanate dettate dalla moda!!

Andrea

28 febbraio 2015 alle ore 00:53  
Anonymous matteo said...

Grazie mille Nico Valerio dell'articolo con dati, nomi, citazioni, studi insomma dati reali e non senza nome come fanno in molti! Grande!

23 marzo 2015 alle ore 16:57  
Blogger Unknown said...

Salve...mai sentito parlare del paradosso francese..ovvero i francesi che naturalmente usano il loro "naturale"latte per fare il loro naturale burro , usato anche nella loro pasticceria , ecc , e dove gli inutili grassi vegetali importati non fanno strage di quote latte come da noi...ebbene sembra soffrano di complicazioni cardiovascolari in misura decisamente inferiore agli italiani esterofili e masochisti. Ho girato ultimamente Francia e Germania e non ho trovato nessuna briosche o biscotto con olio...solo burro...Torno in Italia ..ne cerco di simili..niente..solo con olio vegetale...e certo...costa un decimo..raffinato fa pure da conservante..un affare..con buona pace della salute...e da noi c'e pure un eroe che spaccia olio per cioccolata...una frode..ma nessuno gli fa un appunto. Quanti si arricchiscono creando orrendi intrugli con zuc cheri e olio spacciandoli per merende o prelibatezze. Adesso vorrebbero sostituire il burro persino nei panettoni...; la maionese commerciale, e altre cose simili ormai si sono dimenticate l'olio di oliva ....girasole o palma raffinati ovunque. E certo costa nulla e fa volume. C 'e addirittura chi scrive su alcune confezioni di biscotti, .
. che toglie lo zucchero, a volte le uova e altro , facendo falsamente intendere che cosi si propone un alimento piu'leggero o salutare, e poi ..ci sta il solito 20 per cento di olio vegetale che apporta un miliardo di calorie mimetizzate. Insomma se un viticultore mette zucchero nel vino, che e ' poi una additivo naturale , fa reato perche' froda; altri spacciano olio di palma mescolato a zucchero per merendine ed invece fa soldi .
Bho! Le vie del signore sono infinite e le menti plagiabili dal marketing.

29 marzo 2015 alle ore 12:08  
Anonymous gioia said...

I DON'T AGREE. l'obiettivo è quello di portare tutti ad una alimentazione più sana , le aziende a non creare prodotti accattivanti, appetitosi ma fatti con ingredienti di bassa qualità e a basso costo. Proprio questo basso costo che consente loro più alti profitti a scapito anche del territorio e dei nativi che vengono sfrattati e penalizzati, degli animali che non trovano più il loro habitat dove vivere ma tante immense, sterminate piantagioni di palma da olio in continua espansione per il dio denaro.

10 aprile 2015 alle ore 15:15  
Anonymous Marco said...

Complimenti, dottore, sono un nutrizionista e conosco anche le tecnologie alimentari. Articolo più bilanciato, obiettivo e oculato non si poteva scrivere. Lei è davvero unico nella divulgazione in Italia. Giustamente da salutista prende le distanze dall'olio di palma, ma dimostra dati alla mano che per il consumo di preparazioni industriali e fritture - che Lei sconsiglia - la margarina, il burro e gli oli di semi sarebbero peggio! E fa bene a chiedersi: e allora che vogliono quelli che fanno campagna anti-olio di palma?

12 aprile 2015 alle ore 00:22  
Blogger Nico Valerio said...

Gioia, il prezzo non c'entra nulla con la qualità, che si vede dalla composizione chimica. Questo è un sito non di economia politica, ma di alimentazione naturale scientifica, cioè vera, senza le tante bufale diffuse oggi su internet (di cui la campagna sull'olio di palma è il tipico esempio). Quindi diciamo "no ai cibi industriali o anche fatti in casa ma ricchi di zucchero, burro, olio, farine raffinate ecc." La Nutella e i biscotti sono a rischio non perché hanno l'olio di palma (che sul piano salutistico è analogo ad altri grassi cotti da noi sconsigliati, come il burro e gli oli di semi), ma perché troppo ricchi di zuccheri o farine raffinate e perché sono inutili e vanno a sostituirsi o ad aggiungersi ai pasti regolari impedendo di mangiare cibi salutari e protettivi. Questo è il punto e non altro. Anzi, come dico nell'articolo, l'interesse e l'insistenza verso l'olio di palma da parte di certi ambienti sono sospetti: lasciano intendere che chi protesta tanto voglia continuare a consumare tutti questi inutili e dannosi cibi spazzatura ("junk food"). Basta con biscotti e creme spalmabili, fritti, cibi da rosticceria e pasticceria! Comunque preparati!

13 aprile 2015 alle ore 11:12  
Anonymous Anonimo said...

Ottimo articolo; non sono però d'accordo sul discorso ambientale. Non è perché dappertutto l'ambiente non è rispettato possiamo pensare ignorare il fatto che la maggior parte dell'olio di palma provenga dell'arcipelago indonesiano, distruggendo foreste tropicali in quantità sconsiderati. Penso anche alla qualità della vegetazione distrutta, e all'apporto di ossigeno che avrebbe garantito, e che la torba bruciata per la coltivazione delle palme rende la stessa Indonesia il terzo paese più inquinante al mondo. Secondo me questo è un problema che di per sé vale un grosso contenimento delle colture, almeno in quei luoghi. Creiamo microzone di coltura sparse nel mondo, troviamo il modo di farle crescere in posti aridi, ma pensiamoci e impegnandosi.e nonostante la ricerca non si dovesse trovare soluzione o comunque nel frattempo, dovremmo rinunciare a parte delle ottime qualità dell'olio di palma a scapito di strutto ed altro, beh, forse nel frattempo arriverà anche l'esigenza di mangiare meno prodotti industriali. Che me ne faccio del cibo quando l'aria che respiro è tossica?

6 maggio 2015 alle ore 19:29  
Blogger Nico Valerio said...

Per l'ultimo Anonimo. Ma io invece sono stra-d'accordo con la tua obiezione, che è anche mia. Qui, visto il mio blog generalista, il discorso ambientale era solo tratteggiato alla grossa. Avendo io tra i miei 10 blog anche uno di Ecologia, pensavo di averne già scritto là o speravo di farlo. Grazie.

7 maggio 2015 alle ore 11:38  
Blogger Unknown said...

Una perfetta relazione, ma , alla fine l'olio che arriva al consumo attraverso merendine , biscotti & C. è quello realmente dannoso perchè "industrilizzato"

9 maggio 2015 alle ore 11:30  
Blogger Nico Valerio said...

No, ha bassi rischi anche quello raffinato e sto per cambiare finale al "giallo"!... Infatti (scusi, sa, ma non me n'ero mai occupato prima) sto studiando studi importanti nuovissimi che mostrano che c'è poca differenza tra olio di p. grezzo e raffinato in quanto a rischio cartdiovascolare. Quindi devo aggiornare e rifare la seconda parte. Solo tempo e pigrizia mi impediscono di farlo. Ma è questione di ore-giorni...

9 maggio 2015 alle ore 11:51  
Blogger Unknown said...

Perfetta relazione, ma alla fine , nonostante sembri che l'olio di palma sia "quasi salutare" al consumatore finale arriva quello "cattivo" perchè industrializzato

9 maggio 2015 alle ore 13:08  
Anonymous Anonimo said...

Allora io avevo sempre il colestrolo
tra 220 240 con Hdl basse a 40.Ho cambiato la mia alimentazione eliminando biscotti creker e tutti gli aimenti contenente olio di palma,mangiando anche più pesce e meno pane e improvvisamente il mio colesterolo totale è sceso a 180!Potete dire quello che volete ma L'olio di palma è una sostanza che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare,molti scienziati lo hanno affermato,restando specialmente in circolo nelle arterie e fissandosi ad esse,quindi per quanto mi riguarda mai più prenderò un alimento contenete olio di palma.

10 maggio 2015 alle ore 12:30  
Blogger Nico Valerio said...

Ah-ah-ah, Anonimo dei biscotti, scusa, mi hai fatto ridere. Primo, questo sito non pubblicizza certo l'olio di palma, e semmai l'olio di palma vergine e rosso (red palm oil) non certo quello raffinato (ma solo per infantili motivi ideologici naturisti: perché dicono i tencologi e scienziati che c'è poca differenza: meglio). Poi mi hai fatto ridere perché eliminando biscotti e crackers ti si è abbassato il colesterolo. Ma certo! Forse NON sai che biscotti, pane, pastasciutta, crackers in eccesso rispetto alla nostra spesa energetica PRODUCONO GRASSI, primo tra tutto l'ACIDO PALMITICO, nel fegato! Lo sanno tutti i biologi: si chiama "De novo Lipogenesi". E NON SONO CERTO QUEI POCHI GRAMMMI DI OLIO DI PALMA, ma proprio I CARBOIDRATI, insomma lo ZUCCHERO e L'AMIDO, i DOLCI, a produrre ex novo grasso nel corpo umano! E il primo e più importante acido grasso che si sintetizza da zero è proprio, guarda caso, l'acido PALMITICO...:-), che è quello dannoso per cui è incolpato (ingiustamente, perché nella molecola dell'olio è in posizioni stereometriche inoffensive, come sn-1 e sn-3...) l'olio di palma. Ma oltre a zuccheri, amidi, biscotti, pizza e pastasciutta, lo stesso accade (cioè disordini nei lipidi del sangue), usando troppo OLIO DI OLIVA: è ricco di acido PALMITICO ! Quindi per parere unanime dei nutrizionisti e chimici non è certo l'olio di palma, che usiamo in tracce, ma gli zuccheri, anche biologici, gli amidi, anche naturali e bio, e l'olio di oliva anche genuino o di frantoio o extra-vergine (che consumiamo a kg/litri....), se in eccesso, a provocare quello che lamenti.
Ma forse questo non è noto: lo aggiungerò subito.
Se dipendesse dall'olio di palma TUTTI GLI ASIATICI del Sud-Est avrebbero PIU' malattie di cuore, e invece ne soffrono MENO, MOLTO MENO degli Occidentali! Si chiama indagine epidemiologica.
Comunque, grazie per avermi suggerito l'idea col tuo errore macroscopico...:-) PS Per la serie: in Politica come in Alimentazione molte "idee" personali discendono dalla nostra ignoranza... Non te la prendere: ognuno è ignorante in qualcosa.

10 maggio 2015 alle ore 16:51  
Blogger Nico Valerio said...

GLOBALIZZAZIONE? L’OLIO DI PALMA FA PIU’ DANNI AI POVERI! Senza considerare tutte queste caratteristiche chimiche e biologiche uniche dell’olio di palma, che ne fanno una eccezione tra i grassi saturi, ma limitandosi a considerarlo un tipico “grasso saturo”, una indagine statistica socio-medica pubblicata da una rivistina sconosciuta (la scopro solo ora) ha spiegato l’aumento nelle malattie cardiovascolari tra 1980 e 1987 in 23 Paesi “in via di sviluppo” con l’aumento del consumo di olio di palma. Il tutto, confrontandoli con 30 Paesi “ricchi” (quelli, secondo loro, sviluppati prima del 1970). Con risultati paradossali e contrastanti. Un kg pro-capite di olio di palma in più all’anno farebbe più morti per ischemie cardiache (IHD) nei Paesi poveri che in quelli ricchi (nonostante che questi ultimi – così si ricava da una tabella – ne consumerebbero, per quanto incredibile, addirittura di più), cioè 68 decessi in più anziché 17. Mentre, stranamente, non farebbe alcun danno cerebro-vascolare (ictus), perché – “spiegano” gli autori – si sa che l’olio di palma aumento il colesterolo, non l’ipertensione! No, non si sa affatto! L’effetto ipercolesterolemico è stati escluso dagli studi clinici più seri! Ma loro lo considerano ancora un normale grasso saturo, quindi ipercolesterolemico... D’accordo, è una rivistina scientifica sconosciuta e per niente accreditata, però questo è il livello degli “studi a tesi” di tendenza (basta il titolo: Globalization and Health, dove già la parola globalizzazione è discutibile), fatti incrociando arbitrariamente a tavolino le più disparate tabelle statistiche mediche e di prodotto interno lordo. Così si può dimostrare qualunque cosa (Chen et al. 2011).

CHEN BK, SELIGMAN B, FARQUHAR JW, GOLDHABER-FIEBERT JD. Multi-Country Analysis of Palm Oil Consumption and Cardiovascular Disease Mortality for Countries at Different Stages of Economic Development: 1980-1997. Globalization and Health 2011,7:45.

20 maggio 2015 alle ore 12:59  
Anonymous Anonimo said...

Finalmente un articolo esaustivo e fornito di referenze scientifiche. Putroppo il web ci ha abituato recentemente ad una guerra che si basa sulla ignoranza della gente a proposito degli alimenti.
Questo penalizza il consumatore e spesso orienta le scelte verso delle abitudini ancora peggiori. Parole come cancro e altro vengono usate con troppa leggerezza in associazione con gli alimenti, non tenendo conto che spesso tali malattie sono frutto di una moltiplicazione di fattori di rischio ai quali le persone si sottopongono quotidianamente e che pochissimi sono gli studi epidemiologici verificati che possono isolare l'effetto di un solo componente rispetto ad altri. Grazie per il contributo.

25 maggio 2015 alle ore 12:30  
Anonymous Anonimo said...

Forse il miglior articolo per informazione sull'olio di palma presente in rete. Aggiungo che, a livello industriale, la margarina (che è una miscela di grassi all'80% emulsionata con acqua) utilizzata, è priva di grassi trans da molti anni dato che i grassi fluidi idrogenati sono stati sostituiti dall'olio di palma e dalle sue frazioni. In aggiunta un fatto curioso ma concreto: La distribuzione dei grassi saturi ed insaturi dell'olio di palma è quasi identica alla fase grassa del latte materno...questo per sottolineare che madre natura utilizza e propone il palmitico combinato con altri grassi come prima fonte di sostentamento.

8 giugno 2015 alle ore 10:34  
Anonymous Remotti said...

Grazie, mi hai illuminato! E io che credevo che l'olio di palma fosse il peggio! Siamo proprio schiavi delle bufale.

16 giugno 2015 alle ore 23:05  
Anonymous Anonimo said...

Ieri Segolene Royal ha attaccato la Nutella come maggiore causa di distruzione delle foreste. Da queste provocazioni si evince come il tutto sia strumentalizzato. Il palma contenuto nella Nutella corrisponde allo 0.1% della produzione mondiale. Segolene, controlla quello che ti fanno dire prima di sparare a vanvera delle idiozie del genere.

17 giugno 2015 alle ore 12:27  
Blogger Nico Valerio said...

Sì, anche politici o intellettuali che passano per "seri", quando c'è di mezzo l'ideologia, il nazionalismo (e i Francesi sono stupidamente nazionalisti), la passione, la lotta, diventano emotivi e ingiusti come una donnetta qualunque. Ignoranza e non conoscenza della scienza fanno il resto.

17 giugno 2015 alle ore 16:13  
Anonymous Davd said...

In nome del salutismo questa caccia alle streghe in etichetta porta i consumatori a procurarsi prodotti con ingredienti alternativi ben peggiori (burro, margarine, strutto o burri vari di cocco, nocciola, cacao ecc). Ma la cosa più divertente è che la malvagia industria che ci avvelena si trova già bella e pronta una nuova nicchia di mercato autocreatasi: scommettiamo che tra qualche mese fioriranno gli scaffali "palm free" con gli stessi prodotti ma a prezzo aumentato per tutti i boccaloni che hanno finalmete aperto gli occhi?

5 luglio 2015 alle ore 15:57  
Blogger Nico Valerio said...

Certo, è come la furba scritta "senza colesterolo" o "senza glutine"....

5 luglio 2015 alle ore 19:17  
Anonymous Anonimo said...

Cara Chiara,
L'olio conservato nel metallo è sconsigliabile, questo per una ragione: ogni materiale a contatto con un altro è soggetto al fenomeno di migrazione di composti del contenitore verso il contenuto. Questo, per il metallo a contatto con l'olio, si traduce nella migrazione lenta di ioni metallici verso l'olio e gli ioni metallici sono catalizzatori delle reazioni di ossidazione. Questo è di carattere generale, poi andrebbe fatta una valutazione sul tipo di metallo e sulle caratteristiche di idoneità del contenitore a contenere alimenti. E' vero, alcuni oli vengono conservati in lattina, ma grazie alla lattina non penetra nemmeno la luce che è la fonte principale delle reazioni di ossidazione del grasso.
Per la questione di conservarlo in frigorifero non ci sono problemi sulla qualità e sulla sicurezza dell'olio, però chiaramente solidificherà.

15 luglio 2015 alle ore 09:35  
Anonymous prof. Aristogitone said...

Davvero complimenti, è la monografia più completa e scientifica (cioè documentata) esistente sul web, in qualunque lingua. Bravo!

3 settembre 2015 alle ore 17:20  
Blogger Nico Valerio said...

PUNTO DI FUMO? NON COINCIDE CON LA NATURALITA’ E IL POTERE ANTIOSSIDANTE DEL GRASSO. Un lettore anonimo scrive:
"Dottore lei ha detto [a proposito dell’olio di palma, NdR]: "perché, a differenza del burro e degli oli di girasole, arachide, sesamo, soia, cartamo, colza e oliva, si conserva bene (non irrancidisce), regge le alte temperature senza produrre ossidrili e radicali liberi". Ma io so che l'olio di oliva ha un punto di fumo elevato regge le alte temperature (http://www.albanesi.it/dietaitaliana/blu/articoli/86pfumo.htm). In questo sito c'è scritto che l'olio di palma e d'oliva sia extravergine che normale hanno il punto di fumo più elevato".

Mia risposta:
Premesso che il sito è “di tendenza” e poco attendibile, se non altro perché NON CITA le fonti scientifiche da cui trae le informazioni. Eppure tutti ci cascate su questo. La mancanza oggi è molto grave: ogni dato scientifico deve essere provato da uno STUDIO scientifico. Se no, non vale nulla. Anzi, queste prove (presenti o mancanti) sono a loro volta la prova più importante della serietà di un sito, come spiego in questa piccola “Guida per difendersi dalle bufale e capire se un sito è serio o no”: http://nicovalerio.blogspot.it/search?q=katyn. Quando riusciremo a educare i lettori allo spirito critico? Così nascono le leggende metropolitane e le bufale su internet: la gente crede a tutto, senza porsi il problema delle PROVE ! La colpa, quindi non è degli scrittori di internet, ma solo dei lettori, che non tengono conto dell’ABC per capire se un dato è vero o no (v. Guida).

Ciò premesso, i valori della tabella anonima non si discostano troppo da quelli dei manuali scientifici più seri, cioè scientifico-universitari.
Ma vanno interpretati e commentati.
Come avrà visto ci sono valori molto distanti tra di loro (p.es. per l’olio di oliva si parte da 160 e si arriva a 210) a seconda se l’olio è molto, poco o per niente raffinato, e – aggiungo – se contiene molte sostanze antiossidanti o pigmenti ecc.
Anche se i numeri potrebbero essere un poco diversi, la variabilità esiste. Il punto di fumo si alza (producendo meno acroleina e meno sostanze tossiche e cancerogene) non solo in base alla composizione di un grasso in acidi grassi, ma anche a seconda di quanto sia raffinato. Cioè, un grasso grezzo, naturale al massimo e freschissimo (p,es, il più forte e saporito e piccante olio di frantoio) avrà un punto di fumo più basso del medesimo olio vecchio e raffinato. L’olio di oliva (raffinato e di sansa) , “se”, ripeto “se”, si tiene conto solo del PDF, sono “migliori” per friggere del più costoso olio extra-vergine ricco di proprietà, sitosteroli, vitamine e antiossidanti...! Per fortuna, NON si deve tener conto solo del PDF.
Quindi il punto di fumo non serve a stabilire se un olio è sano, salutare, antiossidante o no. Serve solo a stabilire quanto regge la frittura senza emettere insieme al fumo sostanze tossiche. Che è cose ben diversa e minimale, rispetto alla prima.
Comunque l’olio di palma, sia non raffinato che raffinato, ha un PDF notevolmente più alto di quello d’oliva della categoria corrispondente.
E infine, in un’alimentazione naturale, meno si sperimenta il PDF, meglio è. Cioè, meno si frigge, soffrigge, stracuoce o cuoce un grasso, più sana è la dieta. Se invece si frigge molto (industria, friggitorie ecc) – cosa, ripeto, sbagliata in alimentazione sana – il rischio insito nella frittura stessa è un poco limitato da un grasso che abbia contemporaneamente un altissimo PDF, un buon tenore di acidi g. saturi in posizione chimica poco dannosa (v. mio articolo) e conservi per di più una certa quota di antiossidanti e vitamine. Appunto, l’olio di palma. Meglio ancora se grezzo o poco raffinato.

18 ottobre 2015 alle ore 17:38  
Blogger Nico Valerio said...

Ecco la posizione dei produttori di dolci e paste dell'AIDEPI:

http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/le-storie/2015/12/21/news/aidepi_basta_boicottaggi_l_olio_di_palma_non_fa_male-129910767/

4 gennaio 2016 alle ore 01:21  
Blogger Nico Valerio said...

GLI INGLESI CI PRENDONO GIUSTAMENTE IN GIRO.
http://www.theguardian.com/…/italy-italian-food-palm-oil-su…
Il Guardian mette in evidenza in un articolo che le ditte italiane Coop, Gentilini, Esselunga, Misura, sono state costrette dalla campagna del Fatto alim. e Cinque Stelle fondata su leggende metropolitane a sostituire l'olio di palma (per asseriti, falsi danni alla salute; invece è meno dannoso del burro e meno ossidabile, quindi meno produttore di radicali liberi, degli oli di girasole, soia, arachide ecc., come si dimostra in modo inconfutabile qui: http://alimentazione-naturale.blogspot.it/search?q=goh ) o all'ambiente (invece è 8 volte meno invasivo di territorio dell'olio di soia: http://ecologia-liberale.blogspot.it/…/foreste-distrutte-in…). Semmai sarebbe stata più eco-logica una campagna per produrre questo e altri alimenti in modo ecologicamente corretto, cioè educando le popolazioni native a non tagliare la foresta primaria, ma a piantare in terreni già degradati o coltivati come hanno proposto WWF e altri ambientalisti.
Il blog "Strade" nel riferire l'articolo di Guardian mette in evidenza questa soluzione sbagliata al problema http://stradeonline.it/…/1649-l-anomalia-italiana-sull-olio…
Giustissimo, mi associo. Una campagna frutto di pura cialtronaggine che potrebbe anche suggerire l'azione di lobbies commerciali contrarie, p.es. la lobby dei produttori di soia. I "campagnards" sono talmente ignoranti della chimica di base che non capiscono che qualunque altro olio impiegato al posto dell'olio di palma nei prodotti alimentari INDUSTRIALI (che evidentemente piacciono così tanto a questa gente...) si ossiderebbe facilmente negli scaffali (per eccesso di a.g. polinsaturi), costringendo le ditte ad aggiungere conservanti. Che invece non servono con l'olio di palma, che si conserva... da sé.

13 gennaio 2016 alle ore 22:17  
Anonymous Anonimo said...

Buongiorno dott. Valerio.
A proposito di Margarine, vorrei evidenziare che da tempo l'industria alimentare che ancora utilizza una emulsione di acqua in olio (Margarina) invece che un ingrediente lipidico anidro (grasso puro), come ingrediente per i propri prodotti, ha tolto gli acidi grassi trans, sostituendo nelle formule gli oli di semi idrogenati con olio di palma e sue frazioni solide (stearine). Di conseguenza la margarina non può venire proposta solo in chiave negativa, ma esclusivamente quella parte che ancora utilizza grassi idrogenati, comunque ben evidenziata in etichetta del prodotto finito destinato al consumatore.

6 aprile 2016 alle ore 10:22  
Anonymous Anonimo said...

Gli oli di semi, vengono estratti dal seme utilizzando ESANO, questo perchè con la spremitura solo meccanica si lascerebbe una percentuale importante di olio nella farina oleaginosa ottenuta durante la spremitura. In aggiunta gli oli di semi vengono raffinati per via chimica utilizzando soda caustica (NAOH) per abbattere l'acidità dell'olio. L'olio di palma viene raffinato utilizzando argille naturali, vapore acqueo in ambiente a bassa pressione, quindi nel modo più naturale possibile, oltre che (non guasta) meno costoso rispetto alla via chimica.

6 aprile 2016 alle ore 10:42  
Blogger Nico Valerio said...

Vero che le margarine idrogenate, come dice il lettore Anonimo, tendono ormai a sparire (o perché vietate o per l'obbligo di citarle in etichetta, ma da che cosa sono sostituite? Da margarine ottenute per frazionamento, cioè isolando la parte satura (più resistente alle ossidazioni e alla conservazione) degli oli vegetali. D'accordo, sempre meno dannosa di quella idrogenata ricca di grassi trans. Ma è pur sempre un grasso molto saturo, certamente peggiore del burro. Resta quindi anche nei confronti delle margarine non idrogenate la superiorità dell'olio di palma naturale e perfino di quello frazionato (in questo caso, all'opposto, immagino, cioè isolando la componente mono- e poli-insatura).

6 aprile 2016 alle ore 16:37  
Anonymous Anonimo said...

Buongiorno Dottore,
vero che la frazione solida è più satura di quella liquida ma la formulazione delle margarine senza grassi idrogenati presenta un contenuto di grassi saturi praticamente identico a quello del palma tal quale (per la presenza in formula anche di olio di semi). Il vantaggio sta nel proporre un prodotto privo di acidi grassi trans. Con L'olio di palma e le sue frazioni l'industria alimentare c'è riuscita ed ha risolto il problema. Adesso viene criminalizzata per l'utilizzo dell'olio di palma, unica possibilità vegetale per la sostituzione dei grassi idrogenati. Giustamente lei si sofferma sul differente ambito di utilizzo dei grassi, industriale e casalingo. Il cotto e mangiato quasi istantaneo del prodotto casalingo si scontra con i mesi che intercorrono fra il cotto e mangiato del prodotto industriale. L'industria alimentare ha trovato nell'olio di palma un ingrediente vegetale, stabile all'ossidazione, privo di acidi grassi trans (il burro, come sa, ne ha anch'esso una piccola percentuale...come del resto la carne), raffinato con agenti naturali (contrariamente agli oli fluidi), di facile accesso (non necessariamente di basso prezzo). Insomma (sempre dal punto di vista industriale) una manna per gli operatori del settore che adesso invece sono costretti dai propri uffici marketing (per vendere due kg in più) male informati da una campagna mediatica basata sull'equivoco, a cambiare nuovamente rotta. Questa volta però il cambiamento è peggiorativo (per usare un eufemismo dell'eufemismo), passando dalla casseruola a vapore alla brace. O si torna al burro ed il consumatore memore dovrebbe chiedersi il perchè della successione ciclica burro - grassi trans - palma - burro (presa in giro ?), oppure su grassi vegetali più saturi, oppure più insaturi, coperti da antiossidanti aggiunti e con fragranze e organolettica differenti.

Saluti

L'anonimo di ieri.

7 aprile 2016 alle ore 12:58  
Blogger Nico Valerio said...

Grazie della precisazione tecnologica. Vedo che l'industria dei grassi si adegua molto rapidamente alle evoluzione, anche bizzarre, della domanda, specie quando questa domanda (cioè la richiesta degli acquirenti) è abilmente pilotata da lobbies e condizionata da fisime.

7 aprile 2016 alle ore 13:30  
Anonymous Max said...

Risks for human health related to the presence of 3- and 2-monochloropropanediol (MCPD), and their fatty acid esters, and glycidyl fatty acid esters in food.

EFSA Journal:
EFSA Journal 2016;14(5):4426 [159 pp.].
Mi sembra che dica cose un pò diverse da quelle elencate nell'articolo.
Mah...Nel dubbio preferisco cercare di non assumere olio di palma raffinato.

15 maggio 2016 alle ore 18:47  
Blogger Nico Valerio said...

Ah-ah-ah... il lettore è disattento e ha dimenticato che questo blog, crediamo tra i pochi al mondo (ne sappiamo qualcosa: abbiamo provato a nostre spese...), è aggiornato di continuo. E anche questo articolo è stato aggiornato in tempo reale il giorno stesso in cui è stato diffuso il comunicato EFSA. Cosicché ora ha un capoverso in più, con ben due link: il comunicato e lo studio scientifico originale. Però, come ha avvertito l'EFSA, lo studio si riferiva ad alcuni anni fa (studi internazionali del genere non è che si improvvisano in pochi mesi), e già oggi la situazione è profondamente cambiata (rischio dimezzato grazie a miglioramenti tecnologici che hanno ridotto molto il difetto). E ovviamente, poiché questi inconvenienti non dipendono dall'olio di palma, ma dalle alte temperature del processo di raffinazione, verranno ulteriormente ridotti anno dopo anno fino a presumibilmente annullarsi.

15 maggio 2016 alle ore 21:49  
Anonymous Roberto said...

Caro Nico,
recentemente si fa un gran parlare dell'olio/burro di cocco. Mi sembra che lo si raccomandi perché in grado di metabolizzarsi in acidi grassi a catena media e acido butirrico, benèfici per il colon. Inoltre, darebbe una sferzata al metabolismo. Questo ti risulta da qualche rivista scientifica? Io l'ho letto su authoritynutrition, che pur avendo una impostazione totalmente diversa dalla tua, non pare disinformato. Grazie

16 giugno 2016 alle ore 10:10  
Anonymous San Pietrino said...

Complimenti davvero, è la monografia più completa sul web. Ma sbaglio o l'hai integrata e migliorata negli anni?

27 ottobre 2016 alle ore 18:29  
Anonymous Anonimo said...

Grazie a voi ho vinto il confronto in un dibattito sull'olio di palma. E' l'articolo più informato e completo esistente.

30 ottobre 2016 alle ore 20:28  
Anonymous Amina said...

Che rivelazione! Dopo aver letto tutto l'articolo ho totalmente cambiato idea. E complimenti per lo studio e i tanti riferimenti allegati. Una differenza abissale con gli altri siti.

15 novembre 2016 alle ore 16:06  
Blogger Alessandro (Blumudus) said...

Salve, mi ero segnato questo articolo come molto interessante e dettagliato; scopro ora che risulta "pagina non trovata", si accede solo con la ricerca interna sul sito.

3 febbraio 2017 alle ore 12:29  
Blogger Nico Valerio said...

Ho appena provato su Google questa query: Olio di palma alimentazione naturale. Entrambi i primi due risultati sono perfetti e con link funzionante. Grazie comunque della collaborazione.

3 febbraio 2017 alle ore 17:48  
Anonymous Salus said...

Chiarissimo!

18 settembre 2018 alle ore 17:56  
Blogger Nico Valerio said...

L'associazione scientifica della ricerca sul cancro AIRC sulla rivista "Fondamentale" ha pubblicato un articolo divulgativo sull'olio di palma, ma che contiene tutti i punti essenziali per capire il problema. Ebbene, nonostante la sua superficialità (in Italia quando i ricercatori parlano al pubblico semplificano troppo, trattandoli quasi da bambini...), l'articolo della prestigiosa AIRC conferma il nostro presente articolo monografico.
(v. qui)</

3 gennaio 2019 alle ore 18:26  
Anonymous Sir Attlee said...

Completo e geniale, davvero complimenti.

21 maggio 2020 alle ore 22:27  
Blogger Nico Valerio said...

LA STAMPA: "Il 92% dell’olio di palma utilizzato dall’industria alimentare italiana nel 2019 è certificato sostenibile" e "sempre più vicino all'obiettivo del 100% entro il 2020 fissato dalla Dichiarazione di Amsterdam". E anche il "restante 8% proviene comunque da produttori che hanno adottato politiche di sostenibilità NDPE, ovvero impegnati nella lotta alla deforestazione, allo sfruttamento delle torbiere, dei lavoratori e delle comunità locali".
Il rapporto specifica che l'Italia è oggi il quinto paese al mondo per numero di imprese che hanno aderito all'RSPO (226 aziende) e che la quota di olio da palma certificato è raddoppiata in soli tre anni. Indicando come cammino da seguire quello della "adozione dell'olio di palma sostenibile", le aziende sostengono inoltre che se oggi si smettesse di produrre quest'olio il "fabbisogno di terre aumenterebbe di una superficie pari a cinque volte l'Italia entro il 2050" dato che tutte le altre colture da olio "necessitano di un quantitativo maggiore di terreno rispetto alla quantità di olio prodotto" (La Stampa, 10 dicembre 2020).

10 dicembre 2020 alle ore 18:08  

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