giovedì 18 dicembre 2008

CARBOIDRATI. Cereali e legumi sono fondamentali per cervello e memoria.

La storia dell'Uomo ci mostra che i nostri Antenati più remoti erano perennemente alla ricerca di quei nutrienti che noi sappiamo oggi essere gli amidi, i più importanti e nutrienti dei carboidrati complessi (cereali selvatici, radici, tuberi, frutti amidacei come ghiande e castagne ecc.), e ovviamente le rare volte che si imbattevano in cibi selvatici di sapore dolce (quasi sempre rivelatore di carboidrati semplici, come sappiamo oggi, gli zuccheri) erano ben contenti. Loro stessi potevano constatare che mangiando quei cibi si sfamavano, o meglio riducevano per qualche tempo il senso della fame che non li abbandonava mai. 

In epoche storiche, in Italia e attorno al Mediterraneo, dopo l'invenzione dell'agricoltura (circa 12 mila anni fa), i popoli si facevano guerra tra di loro o diventavano predoni pur di impossessarsi di sicure fonti di amidi, allora soprattutto miglio, orzo, e farro piccolo (monococcum), più tardi farro medio (dicoccum), spelta, grano tenero e grano duro. Senza l'adeguato rifornimento preliminare di grano i Romani neanche iniziavano una guarra, essendo il grano il pasto principale dei soldati. Famoso il far clusinum, il farro della fertile piana di Chiusi /Arezzo) che gli Etruschi, ormai alleati dopo la sconfitta, fecero arrivare a Roma con chiatte lungo il Tevere prima di una importante campagna bellica. In quanto ai Greci, molto più poveri dei Romani e senza vaste terre fertili, solo a prezzo di grandi sacrifici riuscivano a importare orzo e grano dal Ponto. Anche le patate, ricche di amido, ebbero la loro importante nel sostituire il grano, specialmente nei Paesi del Nord Europa, come l'Irlanda. E quando due grandi carestie, nel 1740-41 e nel 1845-48, fecero crollare il raccolto di patate, milioni di irlandesi morirono di fame o furono costretti a emigrare in America. 

Insomma, l'importanza dei cibi amidacei, cioè dei carboidrati complessi, che sono di lunga digestione e di prlungata assimilazione, è stata determinante nella Storia, essendo l'unico nutriente capace di dare energia per lungo periodo ("cibo di resistenza") e di essere indispensabile, insieme a proteine e grassi per le attività quotidiane degli Umani e per la vita stessa dell'individuo.

Di questo dato biologico, confermato oltretutto dalla Storia, deve tener conto una alimentazione che voglia dirsi naturale e che voglia contemperare la nostra tradizione più antica con le scoperte della scienza moderna. Questo regime alimentare sanissimo e di lungo periodo dà grande spazio agli alimenti ricchi di carboidrati complessi e pochissimo a quelli ricchi di carboidrati semplici. Quindi, una dieta a base di amidi, fibre e migliaia di utili sostanze protettive extranutrizionali o phytochemicals (cereali integrali in tutte le loro forme e legumi) e con pochissimi o inesistenti zuccheri dolci. Per millenni i nostri progenitori, finito il periodo duro e drammatico della dieta da "caccia e raccolta", e instaurata l’agricoltura, vissero in pratica di polente di cereali e di legumi. Basta ricordare che il piatto tradizionale della Roma più antica era la puls fitilla, polenta rappresa di miglio cotto nel latte, con contorno di legumi e verdure.

La scienza nutrizionale moderna assegna ai carboidrati la quota più grande delle calorie giornaliere: ieri in media il 60 per cento, oggi un po’ meno, il 55 per cento*. Ma è sempre tanto. Di questi carboidrati, gli zuccheri semplici – di sapore dolce – devono essere pochissimi, il meno possibile. Perché l’organismo ricava il glucosio necessario alla vita del corpo e specialmente del cervello dal metabolismo, cioè dalla digestione e trasformazione degli amidi. E dunque non c’è nessun bisogno – se non per il piacere del gusto, magari un po’ distorto, ma è un fenomeno recente – di eccedere con gli alimenti dolci, sia pure semplici, "biologici" e "naturali".


Tutte le diete povere di carboidrati, perciò, sono insieme anti-tradizionali e anti-fisiologiche. Il cervello oltretutto vuole glucosio metabolico in continuazione, come del resto tutto il corpo, ma non ha bisogno di zucchero alimentare, perché ricava il glucosio dall'amido. E perciò fanno male alla salute: a partire dalla sindrome di chetoacidosi, vero e proprio stato di autointossicazione, che s’instaura con una restrittiva dieta a base di proteine e grassi.

Uno studio recente ha provato clinicamente su due gruppi di donne quando male faccia al cervello una dieta severamente "low carb". Arriva al punto da modificare immediatamente i processi cognitivi, l’umore e la stessa memoria. Scienziati della Tufts University di Boston hanno pubblicato sulla rivista scientifica "Appetite" uno studio secondo il quale l’assenza di carboidrati contribuisce ad una costante e progressiva perdita di memoria. Dai risultati ottenuti dall'equipe di ricercatori diretta dal dottor Holly Taylor, che hanno valutato le abitudini e studiato la memoria di un campione di 19 donne tra i 22 e i 55 anni, è emerso che la diminuzione dei carboidrati (pane, pasta, patate) causa perdita di lucidità, rallentamento delle capacità cognitive e di percezione e soprattutto la perdita della memoria. Il commento di presentazione è riportato sul sito della Tuft University.


La sintesi finale dello studio la riporto qui di seguito:.
Low-carbohydrate weight-loss diets. Effects on cognition and mood
Kristen E. D’Anci, Kara L. Watts, Robin B. Kanarek and Holly A. Taylor.
(Department of Psychology, Tufts University. Jean Mayer USDA Human Nutrition Research Center on Aging, United States).

To examine how a low-carbohydrate diet affects cognitive performance, women participated in one of two weight-loss diet regimens. Participants self-selected a low-carbohydrate (n = 9) or a reduced-calorie balanced diet similar to that recommended by the American Dietetic Association (ADA diet) (n = 10). Seventy-two hours before beginning their diets and then 48 h, 1, 2, and 3 weeks after starting, participants completed a battery of cognitive tasks assessing visuospatial memory, vigilance attention, memory span, a food-related paired-associates a food Stroop, and the Profile of Moods Scale (POMS) to assess subjective mood. Results showed that during complete withdrawal of dietary carbohydrate, low-carbohydrate dieters performed worse on memory-based tasks than ADA dieters. These impairments were ameliorated after reintroduction of carbohydrates. Low-carbohydrate dieters reported less confusion (POMS) and responded faster during an attention vigilance task (CPT) than ADA dieters. Hunger ratings did not differ between the two diet conditions. The present data show memory impairments during low-carbohydrate diets at a point when available glycogen stores would be at their lowest. A commonly held explanation based on preoccupation with food would not account for these findings. The results also suggest better vigilance attention and reduced self-reported confusion while on the low-carbohydrate diet, although not tied to a specific time point during the diet. Taken together the results suggest that weight-loss diet regimens differentially impact cognitive behavior.

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* Un po’ meno, perché i ricercatori hanno provato che gli oli vegetali sono più protettivi dei carboidrati. Tanto più che ben pochi usano i cereali integrali e i legumi. E infatti, la quota dei grassi è stata leggermente aumentata: può arrivare oggi al 35 per cento.


AGGIORNATO IL 29 SETTEMBRE 2015

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13 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sbaglio o è un duro colpo alla fissazione della dieta Zona di Sears che penalizza i carboidrati?

19 dicembre 2008 alle ore 23:39  
Blogger Unknown said...

Dear Colleaugues, please see on the issue of Quality of Food in relation to the metabolic activities the folloving paper in italian. Very cordially.

Paolo Manzelli pmanzelli@gmail.com

http://www.wbabin.net/science/manzelli52i.pdf
http://www.descrittiva.it/calip/dna/ALIMENTAZIONEeMETABOLISMO.pdf

21 dicembre 2008 alle ore 13:02  
Anonymous Anonimo said...

Perche non:)

12 novembre 2009 alle ore 11:55  
Anonymous Anonimo said...

leggere l'intero blog, pretty good

12 novembre 2009 alle ore 12:00  
Anonymous Anonimo said...

quello che stavo cercando, grazie

15 novembre 2009 alle ore 12:05  
Anonymous Anonimo said...

good start

15 novembre 2009 alle ore 12:07  
Anonymous Anonimo said...

good start

15 novembre 2009 alle ore 12:45  
Anonymous Anonimo said...

molto intiresno, grazie

15 novembre 2009 alle ore 12:52  
Anonymous Grazia said...

Allora Panzironi,autore di vivere120 anni deve essere annoverato tra i dicitori di bufale?Secondo lui i carboidrati sono un vero e proprio veleno,specialmente quelli integrali.Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.

29 settembre 2015 alle ore 16:51  
Blogger Nico Valerio said...

Ah-ah-ah! E allora l'Uomo come ha fatto a vivere finora, specialmente l'uomo antico? Mangiavano soprattutto carboidrati. Basta dire che i Romani arcaici (Regno) avevano come piatto principale crocchette di miglio. Nella Repubblica e nell'Impero l'operaio romano mangiava una pagnotta di pane di circa 1 kg al giorno e pochissimo altro (acciughe, cipolle ecc). I soldati mangiavano tutto il giorno grano, perfino lo masticavano intero in grani per passatempo. I poveri, cioè quasi tutti, vivevano di polente di grano e legumi se mangiavano in casa, di pane se mangiavano sul lavoro. Per tutti i popoli era così. Questa prevalenza assoluta di carboidrati complessi è durata fino al 1950 per i contadini e gli operai. Quand'ero piccolo vedevo i muratori a Roma fare colazione con una intera pagnotta farcita di verdura. Io restavo lì a guardare meravigliato. In Oriente ovviamente riso. Questo Panzironi, non so chi sia, non deve aver mai aperto un libro di Storia.... cultura di base, zero :-)

29 settembre 2015 alle ore 21:53  
Anonymous Fabio said...

Le patate dolci, la zucca e la pastinaca le devo considerare come porzioni di carboidrati o come porzioni di verdura? A volte, mangio le castagne al posto del pane e infatti hanno più o meno le stesse calorie a pari peso, ma le cose che ho scritto all'inizio no. - Poi, non ho capito una cosa: dici che i carboidrati complessi sono importanti, ma che il 55% è comunque troppo, perché?

27 novembre 2015 alle ore 13:15  
Blogger Nico Valerio said...

Patate, patate dolci e castagne sono farinacei, quindi ricche di carboidrati (amidi), e vanno considerate dieteticamente come i cereali (pane, pasta, riso, pizza, polenta, fiocchi di avena ecc.), cioè per amido e calorie. Cibi ottimi e sani. Ma senza eccessi e poco conditi con grassi. Le prime due meglio se cotte e mangiate con buccia. Ma hanno un Indice Glicemico più alto dei cereali integrali e provocano insulina più o meno quanto lo zucchero. E chi consuma questi cibi ovviamente non deve consumare nella stessa giornata i cereali tradizionali: sarebbe un doppione... Leggersi i primi due articoli di questo blog che vengono fuori dalla ricerca con la parola "patate" sulla finestra di ricerca sul colonnino.

28 novembre 2015 alle ore 11:31  
Anonymous Fabio said...

Li ho appena letti. Ma i nativi dell'America Centrale non mangiavano le patate regolarmente? - Le castagne danno gli stessi problemi? So che in Italia, in certi posti, si mangiavano proprio al posto dei cereali. - E per quanto riguarda la zucca e la pastinaca? Devo mangiarle come verdura o carboidrati?

28 novembre 2015 alle ore 12:51  

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