venerdì 25 aprile 2008

PEPERONCINO. C’è perfino chi lo cuoce. Ma “è vero che cotto è tossico?"


Innanzitutto, prima di andare avanti, si deve leggere l’articolo monografico, completo di riferimenti, con i pro e i contra scientifici sul peperoncino e soprattutto sui rischi del piccante.
Oggi si aggiunge il peperoncino piccante dappertutto, perfino nella cioccolata. Anzi, nel cioccolato ci sta benissimo un po’ di piccante – com’era in origine tra gli Atzechi (peccato, però, che non fosse dolce…) – ma allora ci sta meglio lo zenzero. Fatto sta che ci sono ristoranti, ricettari, menù, basati interamente sul peperoncino. Mi chiedo come facessero gli Antichi, prima del Cinquecento, senza peperoncino, e quindi senza quasi il sapore piccante (sono rare le erbe nostrane con un gusto pungente, p.es. il pepe d'acqua e il rafano). Nella Roma imperiale, certo, c'era il pepe, importato dall'India a dorso di cammello, via Samarcanda. Ma era costosissimo, più o meno come l'oro, tanto che gli era riservato un caveau del Tesoro pubblico ("piperarium").

MANIA COLLETTIVA - Fatto sta che, nonostante che non abbia aroma e non possa certo eguagliare il pepe, il peperoncino piace a molti, soprattutto a noi maschi, tanto più se adulti. Si ritiene, a torto, che "il pepe fa male, ma il peperoncino fa bene". Mentre i problemi posti dall'eccesso di cibo piccante sono gli stessi nei due casi. Anzi il secondo sembra porre più problemi perché più pungente. Fatto sta che in India, Tailandia, Messico, perfino in Calabria e Abruzzo, è una vera mania generalizzata quella del peperoncino. Il "Padre Pio" dei condimenti. Ma quali sono le finte "stimmate".

ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA - Sembra quasi che una cultura antropologica fondata su leggende e luoghi comuni infondati si sia sovrapposta all'istintiva reazione al gusto. Pare che noi maschi adulti non sappiamo più interpretare il significato del dolore bruciante causato dalle spezie piccanti come lo interpretano istintivamente gli animali, i bambini piccoli e le donne giovani (le anziane, invece, almeno in questo sono influenzate dalla cultura maschile), cioè come un allarme, il segnale d'una sorta di pericolo farmacologico.
E' evidente che la fortuna del peperoncino si giova d'un doppio fattore, piuttosto contorto. Il residuo d'un antico status symbol economico e sociale collegato al pepe (insomma, è "il pepe di tutti", "il pepe democratico", "il pepe dei poveri"). E in più la valenza di droga toccasana, potente proprio in virtù del suo sapore forte, ma "più sana e naturale" del pepe, che forse perché aristocratico viene oggi creduto tossico senza che nessuna "Accademia" o "Confraternita" di gastronomi lo difenda, a differenza del peperoncino. Scherzi della credulità popolare.

VANTAGGI E RISCHI EPIDEMIOLOGICI – Innanzitutto, come si legge nella monografia riportata sopra (vedi link), è infondata la credenza popolare di una sua superiorità farmacologica, salutistica e gastronomica rispetto al pepe, che anzi è meno piccante e molto più ricco di sottosapori e aromi, perfino quando è conservato. Il peperoncino può essere utile come mucocinetico respiratorio (p.es., un buon brodo piccante in caso di raffreddore o sinusite), analgesico sintomatico per uso locale (herpes zoster, artriti ecc.) in quanto interrompe la trasmissione del dolore agendo sulla sostanza P, e in alcuni casi è collegato ad un minor rischio in varie malattie, cancro compreso. Ma è ben noto che ciò che cura può essere anche tossico. Così, per i tossicologi è normale che i ratti muoiano con appena 23,6 millilitri (per kg di peso) di banale salsa Tabasco di pomodoro al peperoncino, che forse calabresi e orientali giudicherebbero troppo blanda.

Certo, il peperoncino (o la sua polvere) è un potente irritante delle vie digestive, respiratorie (polvere), renali, e perfino della pelle. E in Oriente miete vittime a migliaia (tumori). Un tailandese medio, p.es., ingerisce ben 2,5 g di peperoncino piccante al giorno (pari a 0,5-1 mg di capsaicina per kg di peso), per tutta la vita. Insomma, se in eccesso e consumato a lungo, forse per concomitante carenza di alimenti protettivi nella dieta orientale (verdure crude, frutta, latte), è collegato epidemiologicamente ad un più alto tasso di tumori a naso, bocca, faringe, laringe e esofago, mentre è provata anche in Occidente la sua azione irritante sulle vie digestive, fino a microlesioni temporanee nello stomaco che favorirebbero l'ulcera. Ma sullo stomaco l'azione è controversa. Secondo altri studi proprio questa aggressività sulla mucosa gastrica determinerebbe una "reazione adattativa" che stimolerebbe le difese. Ma sull'impiego terapeutico e sui rischi del peperoncino faremo la sintesi in un articolo apposito.

"E' VERO CHE COTTO E' TOSSICO?" - Rispondo all'amica erborista Sabrina: "Oggi un mio cliente mi ha chiesto se è vero che il peperoncino cotto sviluppa una sostanza tossica, e che quindi va usato solo crudo. A me non risulta, ma forse non ne so abbastanza, tu che ne dici?"
Non ho trovato nulla di "tossico" negli studi che ho letto sul peperoncino, che - crudo o cotto - sia più tossico della stessa capsaicina, il suo principio pungente. Quindi, risponderei di no. D'altra parte, il peperoncino piccante si usa a piccole dosi. Proprio perché piccante. Dunque, eventuali altre sostanze naturali (ogni pianta può averne centinaia e perfino migliaia) non avrebbero modo di emergere in una dieta fino a diventare rilevanti o pericolose prima della potente capsaicina e degli analoghi capsaicinoidi, i principi attivi pungenti di alcune varietà di Capsicum. Perciò restringiamo i sospetti alla capsaicina.
In generale, che si sappia, la capsaicina e i capsaicinoidi sono sostanze abbastanza stabili e resistenti al calore. Ma certo non sono il licopene (pomodoro) che con la cottura normale non fa altro che concentrarsi (ragù, doppio concentrato) senza modificarsi.
Diciamo che come tutte le erbe e le spezie il peperoncino intero, tagliato, spezzettato o in polvere, non andrebbe mai cotto, ma semmai (tanto più se in polvere) aggiunto alla pietanza bollente in fine cottura, oppure (fresco tagliuzzato o secco sbriciolato) unito qualche minuto prima di spegnere la fiamma, rimestando quel tanto che consenta ai suoi principi piccanti di passare all'esterno e insaporire il tutto.

Se invece il peperoncino deve insaporire l'olio (p.es., spaghetti "aglio, olio e peperoncino"), al quale cede la capsaicina molto più rapidamente e totalmente che nell'acqua, basterà lasciarlo o rimestarlo un poco nell'olio bollente, anche lontano dalla fiamma, dopo averlo tritato finemente - usando i guanti di gomma o con gli appositi tritatutto - o, se poi deve essere eliminato dalla pietanza, dopo averlo affettato in sottili cerchi sul tagliere.
Diverso il caso, in cui nel Sud si usa preparare qualche conserva di peperoncini piccanti ripieni (la varietà più grande). Come buona norma di prudenza igienica anti-botulino si dovrà sbollentare per vari minuti il peperoncino in acqua e aceto e poi conservarlo in aceto: Ma così cambierebbe sapore e tenderebbe all'amarognolo, come del resto la polvere vecchia di peperoncino. E perderebbe anche gli enzimi e la vitamina C.

IL CASO CALABRIA - In Calabria una "crema di peperoncino" cruda è prodotta in modo teoricamente igienico lasciando - cito a memoria - i peperoncini aperti sotto sale per alcuni giorni, poi eliminato l'eccesso di sale si tritano nel mixer con quel po' di vino forte che serve a creare una crema soffice e omogenea. Si mette nei vasetti evitando bolle d'aria, si chiude ermeticamente e si sterilizza in acqua bollente, come per la salsa di pomodoro. Sui dettagli di questa tecnica si consultino seri esperti di conserve. Qui possiamo raccomandare solo, in caso di elevato consumo di peperoncino, di assumere nello stesso pasto frutta cruda e verdure in abbondanza. Ai calabresi che insistono con la mania del piccante, consiglio vivamente, prima di addentare le fette di pane spalmate di crema di peperoncino puro, di bersi un buon bicchiere di latte intero. Non lo faranno mai. Ma almeno si mangino una grossa insalata cruda e verde, e 2 arance, subito dopo.

I DANNI DELLA COTTURA IN UNO STUDIO SCIENTIFICO . Per gli appassionati di scienza, o per chi esige sempre le prove, ecco uno studio di Ute Schweiggert e coll., pubblicato da Innovative Food Science & Emerging Technologies, una rivista scientifica di tecnologie alimentari, che riguarda gli effetti della cottura a 80°, 90° e 100°C per 5 e 10 min. di peperoncini freschi appena raccolti e di "Chili paste" (crema di peperoncino), e anche le conseguenze della successiva conservazione a temperatura ambiente per 6 mesi del liofilizzato, cioè la polvere ottenuta eliminando l’acqua per evaporazione rapida. Quindi, nelle condizioni migliori, ideali, per favorirne la conservazione. Condizioni che raramente si verificano in negozi di alimentari o abitazioni.
Eppure, nonostante la discreta fama di stabilità della capsaicina, il processo di riscaldamento ed essiccamento riduceva del 21,7-28,3%, quindi fino quasi ad un terzo, i capsaicinoidi totali. Durante la conservazione di 6 mesi con e senza illuminazione, un’ulteriore degradazione dei principi pungenti si verificava (dal 6,8 all’11,9%). In totale, quindi – siamo noi a fare la somma – la diminuzione dei principi piccanti arrivava, pur in quelle condizioni ideali, al 28,5-40,2% rispetto ai capsaicinoidi iniziali.
E’ molto, e questo dovrebbe far pensare coloro che amano i peperoncini cotti o conservati bolliti (anziché in aceto, p.es.). Anche se l’argomentazione che alcuni consumatori ne danno è che il sapore è "ingentilito" e più armonico.
Ma torniamo allo studio. Dal momento che la perdita di capsaicinoidi veniva attribuita all’attività degli enzimi sopravvissuti al trattamento, è stata investigata l’attività della perossidasi solubile POD. Si è visto, però, che il trattamento al calore non aveva inattivato del tutto l’enzima. Anzi, una rigenerazione successiva di circa il 30% è stata segnalata per i campioni sbollentati a 80°C per 5-10 min e poi tagliati in piccoli pezzi. Però si è scoperto che non c’era relazione tra attività POD e perdita dei capsaicinoidi. Se questi si riducono – tiriamo noi le conclusioni – è per la cottura e gli agenti ambientali, non per le perossidasi presenti nel peperoncino.
Ad ogni modo, se anche modeste cotture e la conservazione nei magazzini, nei trasporti, nel commercio e nelle abitazioni (e nelle condizioni peggiori) distruggono gran parte dei principi pungenti del peperoncino, che sono molto resistenti, immaginiamo quello che avverrà alle altre centinaia di sostanze presenti nel condimento, a cominciare dall’alto tenore di vitamina C (che comunque è irrilevante ai fini pratici di una dieta, perché il peperoncino si usa solo a grammi).
Tutto questo conferma il buon uso naturista e scientifico di usare erbe aromatiche e spezie sempre crude, tutt’al più aggiunte in fine cottura o a fiamma spenta o direttamente sul piatto, a seconda delle erbe e dello stato (la polvere va di preferenza sempre sul piatto).

RIFERIMENTI. "Effects of blanching and storage on capsaicinoid stability and peroxidase activity of hot chili peppers (Capsicum frutescens L.)", a cura dell’Istituto di Tecnologia degli Alimenti della Hohenheim University, di Stoccarda (vol. 7, 3, sett. 2006, 217-224).

IMMAGINE. Due peperoncini dipinti in un acquerello.

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12 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Macché cotto, mia madre mi ha insegnato a metterlo sempre crudo! Ciao e besos.

29 aprile 2008 alle ore 13:03  
Anonymous Anonimo said...

A me, ti confesso, il troppo piccante non è mai piaciuto. Sapere che ha anche parecchie controindicazioni sulla salute, ti confesso, mi fa piacere...

29 aprile 2008 alle ore 15:35  
Anonymous Anonimo said...

Ho letto l'articolo, e ti ringrazio della risposta molto esauriente. Riferirò al mio cliente, che tra l'altro poi mi ha detto di aver fatto una scommessa con un suo amico sulla tossicità del peperoncino cotto! Ciao Sabrina

29 aprile 2008 alle ore 21:18  
Blogger Nico Valerio said...

Sabrina, il tuo cliente è convinto? Be', fatti dire dove l'ha letto e magari fatti dare una fotocopia o il sito web, così controllo. Tutto è possibile: uno non può leggere 300.000 riviste scientifiche. Spesso su internet (non sulle riviste) ci sono cavolate o cose scandalistiche riferite da chi non è esperto o giornalisti che non sanno interpretare gli studi. La tossicologia più seria che ho visto io, anzi, alla fin fine giudica il peperoncino cotto, paradossalmente, un po' meno tossico, perché considera solo la capsaicina, sostanza che ha una sua LD (Dose Letale). E di capsaicinoidi totali nel p. cotto ce n'è di meno. Ma potrebbe esserci un'altra sostanza minore che degradandosi al calore diventa tossica. Solo che, se anche ci fosse, sarebbe ininfluente, perché il p. si prende non a grammi ma a decigrammi (non considerando l'acqua del p. fresco, quindi in pratica considerando la polvere di p.). Insomma, con centinaia o migliaia di sostanze in ogni alimento (alcune delle quali tossiche, a crudo, e migliaia di volte più pesanti, cioè in milligrammi), che importanza pratica può avere la scoperta di 3 microgrammi per 100g di un'altra sostanza tossica in un condimento che non si consuma a 100g ma a decimi di grammo? Praticamente zero.
Comunque fammi sapere, mi interessa per curiosità scientifica. Così lo metto sul blog.
Intanto continuo le ricerche.

29 aprile 2008 alle ore 21:22  
Anonymous Anonimo said...

Dici che il pepe e il peperoncino hanno gli stessi effetti, ma quello che ho sentito quando si diceva che "il pepe fa male e il peperoncino no" è che il pepe è irritante per lo stomaco, il peperoncino no, il che corrisponderebbe alla mia esperienza, che ovviamente significa poco. Dici che non è chiaro se il peperoncino sia irritante per lo stomaco, ma il pepe?

27 maggio 2011 alle ore 17:15  
Anonymous Anonimo said...

Sempre io: "per i tossicologi è normale che i ratti muoiano con appena 23,6 millilitri (per kg di peso) di banale salsa Tabasco". Per una persona di 50 Kg vorrebbe dire più di un litro di Tabasco, che normalmente si usa a gocce. Se una persona che non ha mai mangiato piccante (come il ratto) si bevesse di colpo un litro di tabasco, non so se morirebbe ma certo avrebbe un'esperienza traumatica. Certo lo classificherei come "abuso di peperoncino";)

27 maggio 2011 alle ore 17:20  
Blogger Nico Valerio said...

Altro che topi e tabasco. Robetta al confronto. Ci sono uomini nel Sud del Mondo, in Oriente estremo, Sud America e sud Italia, che mangiano interi peperoncini piccanti con pochissimo altro cibo. I cinesi e gli indiani stupidamente credono che questo mangiare sia "eroico", "virile", come anche bere brodi e bevande bollenti (cancro a lingua, bocca e esofago). Sbagliano, ovviamente. Le spezie piccanti vanno usate a grammi. E solo se contemporanemente si mangiano insalate abbondanti, frutta o latte. Sono gli studi epidemiologici a dircelo da molti anni.

27 maggio 2011 alle ore 17:40  
Blogger Nico Valerio said...

Pepe e peperoncino. Ecco una delle tante comuni leggende metropolitane degli anni 70. Invece, come testimonia il comune sapore naturale piccante - una sorta di avvertimento o deterrente della Natura selezionato per gli animali? - pepe e peperoncino sono vicini nella loro azione farmacologica. Più positiva che negativa. Il pepe p.es, enfatizza le proprietà della curcuma, per dirne una. E il peperoncino è sicuramente mucocinetico e interruttore della sostanza P che trasmette il dolore. Ma ha prodotto sperimentalmente su uomini volontari microlesioni gastriche (ricordo uno studio sulla pizza al peperoncino jalapeno di New York). L'uso abituale di peperoncino e spezie piccanti, forse in diete carenti di protezione (vegetali crudi, latte?) provoca in Oriente numerosi tumori alle prime vie digestive. Poi ci sono anche molti lati positivi. Mai comunque consumarli con poco cibo o in modo che siano a diretto contatto con mucose della bocca, esofago ecc. E quando ciò accidentalmente accade, e si sente addirittura bruciore in quei siti, mangiare subito dopo abbondanti verdure, crude, frutta, latte.

27 maggio 2011 alle ore 17:43  
Blogger Traveler003 said...

Lo dico sempre io che il crudismo è sempre la migliore alimentazione.

18 novembre 2011 alle ore 06:38  
Blogger Maggie said...

ciao! ho letto articolo e commenti... molto interessante! Stavo cercando la risposta ad un mio dubbio, e spero che tu possa aiutarmi! Dove lavoro (in inghilterra, e ho detto tutto!) per cucinare i fagioli fanno prima bollire il peperoncino essiccato in acqua e poi lo aggiungono (senza acqua) al soffritto, perché dicono che così fanno uscire di più i sapori del peperoncino. Però io in tutta la mia vita non ho mai visto nè sentito fare una cosa del genere. E secondo il tuo articolo la cottura del peperoncino fa perdere parte della capsaicina e dela vitamina C. Quindi in questo caso la riduzione delle proprietà sarebbe doppia... credo! tu che dici? ha senso quello che dico? grazie!

16 giugno 2012 alle ore 15:56  
Blogger Nico Valerio said...

ConMe in Cucina, è assurdo cuocere il peperoncino, cone qualunque altra spezia o erba aromatica. Anche gli Indiani rovinano molte spezie cuocendole (e loro si inventano che così le "migliorano"). Il peperoncino si usa solo crudo, al massimo aggiungendolo negli ultimi secondi di cottura o meglio a fuoco spento. La gente non vuole capire che il calore distrugge i principi attivi. Sulle erbe aromatiche (compresi aglio e cipolla) ci vuole il crudismo più assoluto.

14 agosto 2012 alle ore 14:46  
Anonymous Anonimo said...

Ciao, Volevo chiedere se a livello salutistico è meglio che sia mangiato crudo o in polvere? Poi ho visto che ce ne sono molte varietà come faccio a sapere quella piè adatta e in caso il dosaggio giornaliero? ciao grazie di nuovo

24 agosto 2015 alle ore 15:00  

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